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Io per il momento respinsi ogni proposta e pregai Valentino di dire all’Olivi di ritenersi licenziato e che avrei provveduto a rimpiazzarlo se non avessi finito col mettermi semplicemente io al suo posto.

Valentino come tanti altri uomini d’affari credeva che le cose si possono discutere a questo mondo. Come poteva farlo lui che non sapeva che intanto in quel momento a me importava piuttosto di ergermi dinanzi a lui che fare il mio interesse con l’Olivi: E si mise a parlare dei lunghi anni di servizio dell’Olivi e della sua grande pratica. Aveva una voce sgradevole il povero Valentino. Quel suo grande naso partecipava a creare il suono della sua voce. E non era mica una voce forte (già, che cosa era forte in Valentino?) per cui la noia di starlo a sentire era accompagnata dallo sforzo di tendere l’orecchio. Ed io tendevo l’orecchio con lo sforzo necessario eppoi chiudevo l’orecchio per non sentire quelle parole di cui non m’importava affatto. Parlava del mio interesse il povero Valentino mentre si trattava ora di tutt’altra cosa.

Finalmente finí. Si levò per raggiungere gli altri e prima di andarsene domandò scusa di avermi seccato. Io allora mi feci affettuoso ricordandomi che se c’era qualcuno da rimproverare era l’Olivi e non Valentino e gli sorrisi, lo ringraziai, l’accompagnai fino alla porta. Cosí egli non poté affatto accorgersi che dal mio animo sorgeva una rampogna ch’io spesso sento: “Come son buono! Come son buono!”. E continuo ad essere buono contro ogni migliore convincimento. Che il povero morto mi perdoni ma in quel momento anzicché sorridergli come feci avrei voluto accelerare la sua uscita con un calcio.

Andai da un avvocato, l’avvocato Bitonti, figlio dell’avvocato di mio padre, vecchio come me, piú cadente di me, magro e la piccola faccia incorniciata da una barba bianca, ma l’occhio vivo e sereno. Curioso come certe persone quando studiano un affare non vedono altro che quello. Tutta la propria persona scompare e insieme a quella anche quella dell’interlocutore e resta l’affare. Egli non conosceva quell’affare che per quello che gliene dicevo io che al solo affare non sa-