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Guardai il calendario da cui io giornalmente strappo un foglio e dissi: «Ha proprio ragione. Siamo al dieci del mese. Non c’è dubbio».

«Ma allora» disse egli esitante «essa è creditrice per tutto il mese.»

Un attimo prima ch’egli avesse parlato io avevo capito perché m’aveva indotto a guardare il calendario. Credo di aver arrossito nel momento in cui scoprivo che fra fratello e sorella tutto era chiaro, sincero, onesto in base a conti precisi. L’unica parola che mi diede sorpresa fu la domanda esplicita di pagare per il mese intero. Ero anche in dubbio se veramente io dovessi pagare qualche cosa. Nella mia relazione con Felicita non avevo tenuto i conti con tanta esattezza. Non avevo io pagato sempre in anticipazione e non era perciò saldata quella frazione di mese col pagamento già fatto? E rincasai un po’ a bocca aperta a guardare quegli occhi strani per intendere se fossero supplici o minacciosi. È proprio dell’uomo di grande e lunga esperienza come sono io di non sapere come ha da comportarsi perché sa che da una sua parola, da una sua azione, possono risultare le cose piú imprevedute. Basta leggere la storia universale per sapere come cause ed effetti possono mettersi nelle relazioni piú strane. Nella mia esitazione trassi intanto il portafoglio e anche contai il denaro assorto a non prendere per una carta da cento lire una da cinquecento. E quando ebbi contate le banconote gliele consegnai. Cosí tutto fu fatto mentre io credevo di movermi per guadagnare tempo. E pensai: “Intanto pago eppoi ci penserò”.

Ma il fratello di Felicita non ci pensò piú tant’è vero che il suo occhio cessò di fissarmi e perdette ogni intensità. Mise i denari in altra tasca di quella in cui aveva cacciato le centosessanta lire. Teneva i conti e i denari separati. Mi salutò: «Buona sera, signore» e uscí. Ma subito ritornò perché aveva dimenticato su una sedia ove l’aveva posto un altro pacchetto simile a quello che aveva consegnato a me. Per scusarsi d’essere ritornato mi disse: «Sono altre cento scatoline di sport che devo portare ad un altro signore».

Certo erano per il povero Misceli che neppur lui poteva