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fai schifo». Era abbastanza dolce perché detto con grande dolcezza, ma mi stupí. Io veramente non ci avevo mai pensato di non far schifo. Anzi avevo creduto d’esser ritornato all’amore, dal quale da lungo tempo m’ero astenuto per una falsa interpretazione delle leggi dell’igiene, per concedermi, donarmi a chi m’avesse desiderato. Questa sarebbe stata la vera pratica igienica cui tendevo e che altrimenti sarebbe stata incompleta e poco efficace. Ma, ad onta dei denari che pagavo per la cura, non osai di spiegare a Felicita come io la volessi. Ed essa molto spesso abbandonandosi a me la guastava con piena ingenuità: «Curioso! Non mi fai schifo». Un giorno con la brutalità di cui io sono capace in certe circostanze, le mormorai dolcemente all’orecchio: «Curioso! Neppure tu non fai schifo a me». Ciò la fece ridere tanto che la cura fu interrotta.

Eppure io talvolta oso vantarmi con me stesso, per rilevarmi, sentirmi piú sicuro, piú degno, piú alto, dimenticare di aver dedicato una parte della mia vita allo sforzo di non fare schifo, che Felicita, in qualche breve istante della nostra lunga relazione, pur m’abbia amato. E quando cerco una sua sincera espressione di affetto, non la trovo né nella dolcezza sempre immutabile con cui essa m’accoglieva ogni volta, né nella sua cura materna con cui mi proteggeva dai giri d’aria, né, una volta, la sua sollecitudine, di coprirmi con un soprabito del fratello e prestarmi un ombrello perché mentre stavamo insieme, fuori era scoppiato un temporale, ma ricordo un balbettio sincero: «Come mi fai schifo! Come mi fai schifo!».

Un giorno in cui come al solito parlavo di medicina con Carlo, egli mi disse: «A te occorrerebbe una fanciulla affetta di gerontomania». Chissà: Non lo confessai a Carlo ma forse io quella fanciulla l’avevo già trovata una volta eppoi perduta. Solamente non credo che Felicita sia stata una sincera gerontomane. Mi prendeva troppi denari perché si possa credere che proprio m’amasse come sono.

Fu certo la donna piú costosa ch’io avessi conosciuta in tutta la mia vita. Studiava con serenità, con quei suoi begli