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rattristare proibendogli di giuocare il giorno dei funerali del padre, lo trasse a sé e lo baciò ad onta che il fanciullo facesse del suo meglio per sottrarsi a quel barbone a dire il vero ben pettinato e non ispido, e gli disse ch’egli doveva essere contento perché pioveva.

Era un segno che il Cielo s’apriva largo a ricevere il povero padre suo.

Io conosco un altro detto triestino secondo il quale è segno di buon’accoglienza in Cielo per il morto anche il bel tempo. Piena di buona gente la mia città. In quanto dipende da loro tutti i morti trovano una buona accoglienza in Cielo.

Il fanciullo si fece molto serio. Intravvedeva una nuova macchina da studiare, quella del Cielo come gli veniva presentata dal Bigioni. E vedendolo tanto serio il Bigioni volle consolarlo anche meglio e gli disse tutto: «Eccoti senza padre. Come ti piacerebbe di avere un altro padre, me per esempio?».

Anche questa era una parola che Umbertino non poteva dimenticare. S’allontanò da quel barbone intanto. Ma poté, in presenza di sua madre e senza ch’essa se ne accorgesse, giuocare proprio anche il giorno del funerale del padre. Giuocò con quel Cielo. Rimaneva chiuso per giorni e giorni e i morti aspettavano di fuori finché non pioveva. Alle prime goccie ecco s’apriva e tutti entravano in folla.

Ma ebbe un dubbio e domandò alla madre: «E se non piove quando uno muore, resta perciò escluso per sempre dall’entrata nel paradiso o aspetta solo all’ingresso?». La madre si destò dal torpore in cui l’aveva gettata la disperazione e domandò delle spiegazioni. Le ebbe e poté anche apprendere chi avesse sconvolte le idee a quel modo al povero bambino. Si rivolse allora con bontà al Bigioni e lo pregò di non dire cose simili al fanciullo. Con grande bontà perché fino ad allora il Bigioni non le era apparso quale aspirante all’eredità di Valentino ma quale il suo piú intimo amico e perciò era trattato meglio di tutti, meglio del padre, della madre del fratello e del cugino.

Umbertino eliminò quella storia del Cielo e della pioggia. È la grande facoltà dei fanciulli quella di saper eliminare.