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molto bene e il padre anzi smetteva subito la figura ludra.

Un’altra volta e sempre suggerita da quel libro Marianno ebbe un’altra idea: «Perché non inventiamo una macchina per tagliare doghe?». Alessandro lo guardò stupito dall’originalità dell’idea. Poi protestò: Tutto a questo mondo si poteva fare a macchina ma tagliare quella sorta di doghe non poteva altra macchina che quella che ha occhi e senno. (Vedi che tu non ne hai abbastanza). E i bitorzoli e la venatura: Chi la vedrebbe e come sarebbe corretta: Sí! Si deve fare non una macchina ma centinaia di macchine per tagliare doghe. Bisognerebbe prima guardare la doga e poi scegliere la macchina. Dapprima esitante Alessandro aveva finito col convincersi che l’idea di Marianno era balorda. E lo seccò per varii giorni anche a casa per quell’idea di costruire una macchina che lo esonerasse di far altro a questo mondo. Mamma Berta gli dava dello stupido; Adele ne rideva come di uno che avesse pensato di asciugare il mare. Finí che Marianno si vergognò e protestò di aver parlato per ischerzo. Ma non trovò grazia. Ed anzi la sua macchina ch’era stata intesa a tagliare delle doghe resistenti, finí coll’essere una macchina per creare le doghe. E quando Alessandro prendeva da sua moglie i denari per andar a comperare le doghe, diceva sempre a Marianno: «Peccato che non c’è la tua macchina».

L’istruzione che veniva impartita ad Adele gli giovò per altri versi. La sua passione erano i “conti” come egli li chiamava. La matematica era debole in famiglia di Alessandro il quale quando comperava doghe o vendeva barili si aiutava col libro dei conti fatti, sbagliando talvolta di grosso per lo spostamento di una riga. Marianno presto seppe fare le moltiplicazioni ed anche la prova; tanto che il libro dei conti fatti poté esser messo via. E il suo pensiero si giovava del facile trionfo avuto nella bottega del bottaio per nuovi sforzi. Adele era stupita di vederlo sciogliere con facilità i compiti che a lei parevano insolubili, le piú lunghe moltipliche e le piú complesse divisioni. Ma Marianno sognava anche matematica. Il numero uno egli lo personificava e lo vedeva meno mobile degli altri. Moltiplicava e divideva un numero la-