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IL MALOCCHIO


M

OLTI quando si trovano fra’ dieci e i quindici anni sognano una carriera grande, persino quella di Napoleone.

Non era quindi strano che a 12 anni Vincenzo Albagi pensò che se Napoleone a 30 anni era stato proclamato imperatore egli avrebbe potuto esserlo qualche anno prima. Strano era invece che quell’istante di sogno fu ricordato da lui per tutta la vita. Nessuno lo sospettò perché egli non era altro che un buon ragazzo non stupido che faceva molto attentamente il proprio dovere di scolaro del Liceo e del Ginnasio. Era l’orgoglio dei suoi insegnanti per la sua bravura e anche (oh! quale occhio di lince non hanno gl’insegnanti) per la sua modestia. A casa sua egli accettava la piccola vita modesta di provincia che gli era imposta e sopportava sorridendo e commiserando l’orgoglio del padre che riteneva se stesso il Napoleone dei commercianti di vino d’Italia. Il vecchio Gerardo che in gioventú aveva lavorato con le proprie mani i campi era un uomo soddisfatto e benevolo. Egli aveva capito a un dato punto che era meglio comperare e vendere il prodotto altrui che aspettare il proprio. Era stato un grande sforzo della sua piccola mente e una buona volta riuscito Gerardo ne visse bene fisicamente e benissimo moralmente. La moglie che si vedeva concessa la domestica, due o tre vestiti all’anno ed una tavola ricca lo adorava e lo ammirava. Gerardo faceva del bene molti e non domandava neppure riconoscenza. Camminava la via un po’ troppo pettoruto ma molti lo amavano, pochi dal suo orgoglio mite di negoziante di vino fortunato si sentivano lesi. C’era a questo mondo del posto per tanti altri orgogli altrettanto legittimi! Spesso Gerardo con un sincero accento d’ammirazione riconosceva i meriti altrui. Diceva al lustrino che stazionava davanti alla sua casa: «Tu sei il migliore lustrascarpe di questo mondo!». Alla cuoca: «Nessuno sa preparare il baccalà pannato come te!». Alla moglie: