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40 EMILIO SALGARI

— Corna di bisonte!... — gridò l’indian-agent, con voce minacciosa. — Che cos’hai ancora da ridere, monella?

— Ho veduto la testa di un altro cane di prateria apparire insieme ad un brutto uccello.

— Chiudi il becco, stupida, o ti scaravento nel canon.

Sarebbe stato meglio che tu fossi rimasta lassù, sulla sierra, e che qualche palla sioux ti avesse spacciata. Almeno saresti morta per mano dei tuoi compatriotti.

— L’uomo bianco potrebbe ingannarsi, — rispose, con voce pacata, l’indiana.

— Che cosa vorresti dire? — chiese John, sorpreso dall’audacia di quella fanciulla.

— Che io non ti ho ancora detto di essere una sioux.

— Che cosa m’importa? Per me sei una pelle-rossa e mi basta. —

Minnehaha digrignò i denti come una giovane pantera ed i suoi occhietti nerissimi parvero incendiarsi.

Harry, che l’aveva scorta, scoppio in una risata.

— Guardati, John, — disse. — Tu porti dietro di te una vipera. È maligna e cattiva, la piccina!...

— Ma siccome io non sono nè suo padre, nè suo fratello, nè un pelle-rossa, — rispose il gigante — se mi darà qualche noia l’abbandonerò nella prateria a contendere le sue magre gambe alle coyotes od ai lupi grigi.

— Sono una fanciulla, — disse Minnehaha. — Non ho mai udito raccontare che i visi-pallidi siano crudeli contro le persone che non sanno combattere.

— Sono forse i tuoi che risparmiano i nostri piccini? Morte e dannazione!... I tuoi sono dei volgari banditi e farebbero bene a non chiamarsi guerrieri.

Bah!... Non perdiamo il nostro tempo a discutere con questa monella della montagna, che io avrei lasciata volentieri al colonnello, e badiamo ai nostri mustani.

Un’ora ancora e forse meno e noi calpesteremo le grasse erbe della prateria.

Udite più nulla, voi?

— Più nulla, — risposero i due scorridori.

— Buon segno: i nostri avranno ricacciato nella gola quei dannati vermi.

Aprite gli occhi, non perdete di vista nè il rifle, nè le pistole, e diamo un addio alla montagna.

Vedremo se la prateria sarà meno pericolosa. —

Un’ora dopo, nel momento in cui il sole sorgeva maestoso sull’orizzonte e la grande catena si copriva di vapori, i tre cavalieri e la piccina, superati gli ultimi canon, scendevano nella sconfinata prateria.