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176 EMILIO SALGARI

Era già deciso a perdere il suo cavallone pur di raggiungere l’accampamento di Mano Sinistra e pareva che non provasse alcun rimpianto a sacrificare quel bravo animale che forse molte e molte volte lo aveva salvato da chissà quanti pericoli.

Non era d’altronde cosa da stupire, poichè il pelle-rossa non prova affezione per chicchessia fuorchè, e soltanto dentro certi limiti, verso la propria prole.

Della moglie poi non se ne parla poichè, a meno di rare eccezioni, non rappresenta, quella disgraziata, che una vera bestia da soma, sempre pronta a subire i più feroci maltrattamenti, ai quali non sfuggono che le figlie dei Capi rinomati.

Il povero cavallone, trattato con una brutalità inaudita, alla quale fino allora non era stato abituato, come abbiamo detto, si era scagliato innanzi all’impazzata, raccogliendo le sue ultime energie.

Balzando di terrazzo in terrazzo rimontava come un fulmine verso il settentrione, ansando furiosamente.

I suoi poderosi fianchi battevano febbrilmente ed un tremito convulso agitava la sua bellissima testa.

Di quando in quando un nitrito cauto gli sfuggiva attraverso la schiuma che gl’ingombrava la bocca, nitrito che si spegneva in una specie di gemito che aveva qualche cosa di straziante.

Si sarebbe detto che chiedeva grazia al suo padrone diventato improvvisamente così feroce, così crudele.

Nuvola Rossa rimaneva sordo ai lamenti del suo fido corsiero anzi, pareva che provasse una gioia selvaggia nel vederlo soffrire e raddoppiava i colpi di tallone e le urla, quando gli pareva che la velocità accennasse a scemare.

— Bisogna che tu corra!... — gridava. — Voglio che tu mi conduca da Mano sinistra!... —

Ed il cavallone pur sentendosi morire, fendeva le tenebre colla velocità d’un proiettile, cogli occhi iniettati di sangue, la bocca bavosa, la criniera al vento, precipitando la corsa.

Quanto durò quel galoppo sfrenato attraverso le terrazze del Lago? Nemmeno Nuvola Rossa, troppo preoccupato a spingere sempre più il disgraziato animale, avrebbe potuto dirlo.

Molte e molte miglia dovevano essere state però percorse.

Ad un tratto il cavallone piegò sulle ginocchia, mandando un rantolo cupo, impressionante.

Quasi nel medesimo istante gli occhi di lince del Capo dei Corvi scorsero dei punti luminosi brillare fra l’oscurità.

— Il campo degli Arrapahoes, — disse. — Avanti ancora!... Su, amico, un ultimo sforzo e poi ti lascerò morire in pace fra due fasci di buffalo-grass. —

Il cavallone non si mosse.