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varietà 295


forte nel viso crucciato, con uno stocco in mano, lei di morte minacciando... A guisa di un cane rabbioso collo stocco in mano corse addosso alla giovane; e a quella con tutta sua forza diede per mezzo il petto e passolla dall’altra parte; quindi, messo mano a un coltello quella aprì nelle reni, e fuori trattone il cuore e ogni altra cosa d’attorno, a’ due mastini il gittò, li quali come affamatissimi, incontanente il mangiarono». La giovane poi di lì a poco risorse, e il cavaliere ripigliò a seguitarla per rinnovare su lei, giusta il decreto di Dio, la vendetta della amorosa crudeltà, che lui aveva tirato a morte volontaria.

O m’inganno, o ci troviamo innanzi alla contaminazione di due diverse versioni. Dell’una, che è poi anche nel Passavanti, si ha la contenenza ideale: l’avventura d’amore, e la sua perpetuamente rinnovata punizione, è in fondo, mutatis mutandis, la stessa.1

Ma questa azione comune è dal Boccaccio inquadrata in uno sfondo, che ha particolari affatto diversi.

L’inseguimento si svolge in una selva: il «rumor disperato della cacciata giovane» par proprio quello della caccia selvaggia che s’avvicina, empiendo la selva di fragore: e i due mastini, che incalzano la fuggitiva e, pur correndo, l’azzannano a’ fianchi, come bracchi o veltri il cervo, sono, facilmente, due fieri superstiti della muta numerosa, che si scatenava un tempo dinanzi al cacciatore selvaggio: infine il pasto, che delle carni della giovane uccisa fanno i cani, non è nel Passavanti; e mi richiama invece (mangiansi i cani «il cuore e ogni altra cosa dattorno») con singolare insistenza le umane viscere fumanti, cui tengono in bocca i bracchi neri della cazza di Prenòt. Tutto questo il Boccaccio non può aver derivato se non da una versione della leggenda, somigliantissima a quella che noi cerchiamo; la stessa forse che anche a Dante...

Aspetta un poco, dirà forse alcuno: non è per avventura più verisimile pensare (già lo disse il Landau2, e con lui il Bassermann3) che il Boccaccio abbia puramente e semplicemente imitato Dante?


  1. Cfr. W. A. NEILSON, The purgatory of cruel beauties, in Romania, XXIX (1900), pp. 85 sgg.
  2. Die Quellen des Decameron, Stuttgart, 1884, p. 284.
  3. Orme di Dante in Italia, Bologna, 1902, p. 222. «Il Boccaccio in