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PARTE PRIMA 7

ma parte dati ad uomini italiani. Con tuttociò l’entusiasmo col quale i Francesi erano stati accolti in Italia, era spento. I filosofi amici dell’eguaglianza dolevansi che non uno dei pregiudizi da loro aborriti fosse stato distrutto. La disuguaglianza fra’ varii ordini di cittadini sussistea come in addietro, e se più agevol cosa era omai l’aver posto negli ordini privilegiati, ne conseguiva soltanto che, siffatta disuguaglianza non movendo più a sdegno il popolo come pria, trovavasi perciò stesso più sodamente fondata. Gli antichi amministratori del paese agevolmente riconoscevano essere le imposte divenute più gravose, e la novella interna amministrazione essere più dispendiosa, in onta che le entrate dello Stato non fossero accresciute se non transitoriamente e per poco, dal concorso di gente straniera venuta di Francia in Lombardia. Nè tralasciavano essi di notare che questi stranieri, poveri per lo più, anzichè arrecarvi un aumento di capitali, venivano ad arricchirsi; dal che conchiudevano che, sebbene il danaro girasse più rapido di pria d’una in altra mano, non erane perciò accresciuta la quantità. E come mai avrebb’essa potuto venire accresciuta intanto che nè il traffico nè l’industria aveano avuto giammai stimolo, soccorso od impulso veruno? Le genti pie e di austere massime non entravano nel palazzo del vicerè senza provare un certo quale segreto raccappriccio; chè di bocca in bocca correano novelle di donne sedotte, di zitelle a forza stuprate, di mariti o di padri maltrattati od anche uccisi. Le incestuose tresche della famiglia de’ Buonapartidi parevano constatate. Gli stessi sollazzi con cui il vicerè argomentavasi di trarre alla sua una parte del