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Chi non vede in questa sintesi, e in somiglianti, quante idee si chiudono? Minerva è l’ingegno, Apollo la fantasia, le nove Muse la varia erudizione sacra e profana; vento piloto, bussola per sorgere a porto dopo felice navigazione. Non credo che con romantici strumenti si possano condurre a fine sì bei lavori. Insomma dispiaccia a chi non piace quello, che secondo indole e gusto non può piacere; piaccia a noi quella foggia di lettere, che per lo spazio di ben cinque secoli riverberata a nostre menti, appresa a nostri sensi divenne abito e natura, che per nuove dottrine per esempi nuovi non tosto non tutta potrà tornare in bastarda; e sempre sospinta ricorrerà vincitrice della vittoria, della quale è vaghezza ed usanza mandare suo linguaggio e suoi gusti appresso alle armi. La nostra poesia è quella, che in crescere lento ed occulto pervenne a piena età nella divina mente di Omero, quella, che i Latini presero da lui a prestanza, quando osarono di abbandonare orme straniere, e celebrare domestiche gesta; quella infine, che non qual nipote ma figlia derivata a noi consanguinei de’ Latini in tutta la materna pompa sfavillò rediviva nella mente sovrana dell’epico tragico didattico lirico Dante Alighieri. Questi è quel Genio, che surto come etereo Sole all’Italia fu, quale Omero alla Grecia, primo istorico padre di erudizione fondatore di umanità. Virgilio, che tanta parte di Omerica luce da sè riflette, gli fu guida, argomento i casi del secolo, Musa la generosa splendida bile commossa da genti, che parteggiando volsero a ruina l’amata sua patria Italia. Se invano tentò ricomporne secondo suo concetto i publici costumi, non invano pose quelle