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Ed essendogli vietato il quottidiano vitto, acciò che da fame perisse, fu da la figliuola visitato, e col latte pasciuto. Onde, essendo figliuola, divenne madre, nodrendo colui che generata l’aveva. Non fu di minor contento l’enimma da Lionora esposto, che fusse il pietoso caso da lei raccontato. Ed acciò che le altre potessero favoleggiare, ella, fatta la debita riverenza a tutti, si pose a sedere. Ma Isabella, a cui l’ultimo aringo della presente notte toccava, levossi da sedere; e con festevole viso disse.


FAVOLA V.


Tre fratelli poveri andando pel mondo divennero molto ricchi.


Io ho sentito dire che lo ’ngegno supera le forze, e che non è cosa al mondo sì ardua e sì difficile, che l’uomo col suo ingegno non la consequisca. Il che dimostrerovvi con una brevissima favola, se attenti mi ascolterete.

Trovavasi in questa alma città un povero uomo che aveva tre figliuoli; e per la troppa sua povertà non aveva modo di nodrirli e sostentarli. Per il che gli figliuoli, astretti dal bisogno, vedendo la grande inopia del padre, e considerando le picciole e deboli forze di quello, fatto consiglio tra loro, deliberorono di alleggierire il carico del padre suo, e andar pel mondo vagando col bastone e la tasca, per cercar di guadagnarsi alcuna cosa, onde potessero sostentar la vita loro. Per tanto, inginocchiatisi avanti il padre, gli addimandarono licenzia di andarsi procacciando qualche guadagno: promettendogli che, passati dieci anni, ritornerebbono nella