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consiglio con la sua gatta; la quale disse: Non dubitar, patrone mio, che ad ogni cosa faremo buona provisione. Cavalcando ogni uno allegramente, la gatta con molta fretta caminò avanti; ed essendo dalla compagnia molto allontanata, s’incontrò in alcuni cavallieri, a’ quali ella disse: Che fate quivi, o poveri uomini? partitevi presto, che una gran cavalcata di gente viene, e farà di voi ripresaglia; ecco che l’è qui vicina: udite il strepito delli nitrenti cavalli! I cavallieri spauriti dissero: Che deggiamo adunque far noi? Ai quali la gatta rispose: Farete a questo modo. Se voi sarete addimandati di cui sete cavallieri, rispondete animosamente: Di messer Costantino, — e non sarete molestati. E andatasi la gatta più innanzi, trovò grandissima copia di pecore e armenti, e con li lor patroni fece il somigliante; e a quanti per strada trovava, il simile diceva. Le genti che Elisetta accompagnavano, addimandavano: Di chi siete cavallieri, e di chi sono tanti belli armenti? — e tutti ad una voce rispondevano: Di messer Costantino. Dicevano quelli che compagnavano la sposa: Adunque, messer Costantino, noi cominciamo sopra ’l tener vostro entrare? ed egli col capo affermava di sì; e parimenti d’ogni cosa ch’era addimandato, rispondeva di sì. E per questo la compagnia gran ricco lo giudicava. Giunta la gatta ad uno bellissimo castello, trovò quello con poca brigata; e disse: Che fate, uomini da bene? non vi accorgete della roina che vi viene a dosso? — Che? disseno e castellani. — Non passerà un’ora, che verranno qua molti soldati, e vi taglieranno a pezzi. Non udite i cavalli che nitriscono? non vedete la polve in aria? E se non volete perire, togliete il mio consiglio, che tutti sarete salvi. S’alcuno v’addimanda: di chi è questo castello? diteli: di messer Costantino Fortunato. E così fecero.