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confessò ogni suo delitto. Il pretore, udita di Rosolino la confessione e fattala con ogni diligenza annotare e ratificare, e desideroso di sapere la causa, disse: Rosolino, tu hai sofferti tanti tormenti, nè mai abbiamo potuto da te aver la verità; ma poscia che vedesti Bargetto ne’ tormenti, e udisti la confessione da lui fatta, mutasti proponimento, e senza martorio alcuno confessasti il tutto. Io, se Dio ti salvi ed abbia misericordia dell’anima tua, intenderei volentieri la causa di questa mutazione. — Ah, rispose Rosolino, non la sapete voi, signori? Disse il pretore: Veramente noi non la sappiamo. Rispose Rosolino: Ed io, se non la sapete, ve la raccontarò, s’attenti m’ascoltarete. Signori pietosi, umani e amatori di giustizia, voi avete veduta e chiaramente conosciuta la costanza mia ne’ tormenti; nè è maraviglia: perciò che allora voi martoravate le carni morte, ma quando voi tormentavate Bargetto, unico mio figliuolo, allora tormentavate le carni vive. — Adunque, disse il pretore, tu sei morto, essendo le carni tue morte? Non sono io morto, rispose Rosolino, nè manco le carni mie morte sono, ma viveno; tuttavia quando voi mi tormentavate, io nulla pativa, perchè queste carni, che voi ora vedete e tormentavate, non erano mie, ma del padre mio morto, putrido e già fatto polve; ma quando tormentaste il figliuol mio, tormentavate le carni mie, perchè la carne del figliuolo, è propria carne del padre. Il pretore, intesa la causa, volse del tutto assolverlo: ma perchè la giustitia non pativa che tanti deliti impuniti rimanessero, determinò di perpetuo bandirlo: non che i peccati sì lieve pena meritassero, ma per l’amore che ’l padre portava al figliuolo. Rosolino, intesa la legger sentenzia, levò le mani al cielo, e Iddio ringraziò, promettendogli con giuramento mutar vita e viver santamente.