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non sapeva la cosa, si maravigliò molto; e comandòle che si levasse in piedi, e gli raccontasse il tutto. La Reina, smarrita, con tremente voce e con abondantissime lacrime li narrò il caso dal principio alla fine. La qual cosa intesa, disse il Re: Madama, sta di buona voglia, nè ti smarrire; perciò che quello che vuole il cielo, convien che sia. Ed in quell’ora fece spianar la torre, e pose la moglie in libertà: con la quale allegramente visse; e Galeotto, nel fatto d’arme vittorioso, con le sue merci a casa fece ritorno.

La favola recitata da Diana non dispiacque alla brigata; ma ben stette ammirativa, che la Reina così di leggieri scoprisse il suo coperto fallo; perciò che più tosto doveva sofferire mille morti, che incorrere in tal vituperoso biasmo. Ma la fortuna le fu favorevole: e molto più il Re, il quale per sua grazia e per virtù di amore la pose in libertà. Ed acciò che le altre donzelle potessero favoleggiare, la Signora comandò a Diana che con l’enimma seguisse. La qual, presta a’ comandamenti della Signora, in tal maniera disse.

Vien da le parti di settentrione
     Gente rubesta di bianco vestita.
Ferisse ogn’un senza compassione
     Nel capo, ne li piedi e ne la vita;
Di morti stan coperte le persone,
     E di salvarsi ogn’un qua e là s’aita.
Arde in le case d’ogni canto il fuoco.
     Da lor schermirsi non si trova luoco.

L’enimma da Diana recitato fu di gran piacere a tutti; e chi ad uno modo e chi a l’altro l’interpretava: ma pochi l’intendevano. Onde Diana in cotal guisa l’espose: Il mio enimma altro non dinota che la can-