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stare l’amore di colei che cotanto amava, lasciati gli amorosi pensieri e gli urbani solazzi, si era posto tra le boscarecce belve, abitando l’ombrose selve ed i folti boschi, mangiando l’erbe e bevendo l’acqua a guisa di bestia. Laonde il miserello aveva fatto il pelo grossissimo, e la cotica durissima, e la barba folta e molto lunga; e per li cibi d’erba la barba, il pelo ed i capelli erano sì verdi divenuti, che era cosa mostruosa a vederlo. Destata la Reina e messa la mano sotto il guanciale per prender le chiavi che sempre a lato teneva, e non trovandole, molto si maravigliò; e ravogliendo il letto sotto sopra, e nulla trovando, come pazza alla prigione se n’andò: e trovandola aperta, e non vedendo l’uomo salvatico; da dolore si sentiva morire; e scorseggiando per lo palazzo or quinci or quindi, addimandava or a questo or a quello, chi era stato quel sì temerario ed arrogante, che gli aveva bastato l’animo di togliere le chiavi della prigione senza sua saputa. A cui nulla sapere tutti rispondevano. E contratosi Guerrino nella madre, e vedendola tutta di furore accesa, disse: Madre mia, non incolpate veruno dell’aperta prigione, perciò che, s’alcuno merita punizione alcuna, io sono quello che debbo patire, perchè io sono stato l’apertore. La Reina, ciò udendo, molto maggiormente se ne dolse, temendo che’l Re, venendo dalla caccia, il figliuolo per sdegno non uccidesse; perciò che le chiavi a lei quanto la persona propria raccomandate aveva. Laonde la Reina, credendo schifare uno picciolo errore, in un altro assai maggiore incorse; perciò che, senza metter indugio alcuno, chiamò duo suoi fedelissimi serventi ed il figliuolo: e dategli infinite gioie, e danari assai, e cavalli bellissimi, il mandò alla buona ventura, pregando cordialissimamente li serventi che il suo figliuolo rac-