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56 notte settima

menasti a casa Castoria, tua diletta moglie e mia cara cognata, non eravamo noi in fraterna? — Sí. — Non si ha ella affaticata in governar la casa a beneficio universale? — Sí. — Non ha ella partorito tanti figliuoli, quanti che ora tu vedi? Non sono nati in casa? Non è ella vivuta con e figliuoli a communi spese? — Stava Andolfo tutto attonito ad ascoltar l’amorevoli parole del fratello; nè poteva comprendere il loro fine. — Tu hai, fratello mio,— diceva Ermacora, divisa la robba: ma non hai divisa la moglie e i figliuoli, dandomi di loro ancor la parte mia. Non debbo ancora io participar di loro? E come farò io senza la parte della diletta cognata e de gli amorevoli nipoti miei? Dammi adunque e della moglie e di figliuoli la parte mia; dopò, vattene in pace, che io ne rimarrò contento. E se altrimenti farai, io non intendo che la divisione abbia luogo per modo alcuno. E se per caso, che Iddio no ’l voglia! non volesti a questo consentire, io giuro di convenirti dinanzi la mondana giustizia, e addimandar ragione; e non possendo ottenerla dal mondo, io ti farò citare dinanzi al tribunal di Cristo, a cui ogni cosa è manifesta e palese. — Stava Andolfo molto attento alle parole del fratello, prendendone grandissima maraviglia: e considerava con qual tenerezza di cuore quelle provenivano dal vivo fonte di amorevolezza: e quasi confuso non poteva raccoglier lo spirito a formare la parola per rispondergli. Pur in se converso, e addolcito l’indurato cuore, prostrato a terra, disse: — Ermacora, grande è stata l’ignoranza mia, grande l’errore; ma maggiore è stata la gentilezza e umanità tua. Ora conosco il mio sciocco errore: ora veggio la mia aperta ignoranza: ora chiaramente comprendo la turbida nube del mio grosso ingegno; nè è lingua sí pronta, nè sí spedita, che isprimere potesse quanto io sia degno di rigido castigo, nè pena è sí aspra e sí crudele, che io non meriti. Ma perchè tanta è la clemenza e la bontà che nel tuo petto alberga, e tanta è l’amorevolezza che mi dimostri e hai sempre dimostrato, ricorro a te come fonte vivo, e chiedoti perdono d’ogni mio fallo; e promettoti di mai partirmi