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226 notte decimaterza

vedere, e ivi chetamente stava ad ascoltar quello che dicevano e’ prudentissimi medici. Appresentati adunque tutti i medici dinanzi al re, disse Guglielmo: — Eccellentissimi dottori, la causa del raunarvi insieme alla presenza mia, altro non è, se non ch’io desidero intender da voi la causa di questa mia grave infermità, pregandovi, che con ogni diligenzia vogliate curarla, e darmi quelli opportuni rimedii che si ricercano, restituendomi alla pristina sanità. La qual restituita, mi darete quelli consegli, che piú idonei vi pareranno a conservarla. — Risposero e’ medici: —- Sacra Maestà, dar la sanità non è in potestate nostra: ma nella mano di colui, che sol con un cenno il tutto regge. Ma ben si sforzeremo, in quanto per noi si potrà, di farvi quelle provisioni che possibili saranno a riaver la sanità e riavuta conservarla. — Indi cominciarono i medici a disputare dell’origine dell’infermità del re, e de’ rimedii che s’hanno a dare, e ciascuno di loro, sicome è lor usanza, particolarmente referiva l’opinione sua, allegando Galeno, Ippocrate, Avicenna, e gli altri suoi dottori. Il re, poscia che intese chiaramente la lor opinione, volgendo gli occhi verso l’uscio della sua camera, vidde un non so che di ombra che appareva, e addimandò se vi era alcuno che restasse a dir l’opinione sua. Fulli risposto che nò. Il re, ch’aveva adocchiato uno, disse: — Parmi veder — se non son cieco — non so che dietro quella porta; e chi è egli? — A cui rispose uno di quei sapienti: Est homo quidam; quasi schernendolo, e facendosene beffe di lui: e non considerava che spesse volte aviene che l’arte dall’arte è schernita. Il re fecegli intendere che venisse inanzi alla presenzia sua; ed egli cosí mal vestito che un mendico pareva, fecessi innanzi, e tutto timoroso umilmente s’inchinò, dandogli un bel saluto. Il re, fattolo prima onorevolmente sedere, lo interrogò del nome suo. A cui rispose: — Gotfreddo è il mio nome, Sacra Maestà. —- Allora disse il re: — Maestro Gotfreddo, voi dovete a bastanza aver inteso ’l caso mio per la disputazione c’hanno fatto fin’ora questi onorandi medici; però non fa bisogno altrimenti riassumere quello ch’è stato detto. Che dite adunque voi di questa mia infermità? — Rispose maestro Gotfreddo: — Sacra Maestà,