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Per me non fuvvi che una sol donna somigliante a quelle poetiche visioni: ed è quella che mi studio di descrivervi.

Era avvenente? — mi chiederete voi.

Alla mia volta vi proporrò questa questione! Se un angelo lasciasse il celeste soggiorno per vestire umana forma, assumere volto umano, tal volto non sarebbe egli adorabile? Sarebbe adorabile anche se non fosse di una perfetta bellezza.

E di tal maniera era bella quella donna.

Oh! quanto è vivo in me la sua ricordanza! Parmi vederla quando stavasi assisa, tutta assorta in pensiero, come era solita, la testa appoggiata alla mano! Parmi vederne il volto mite e sereno, gli occhi cilestri che erano riflesso di un raggio di sole d’ottobre, e l’amabile sorriso che errava costantemente sulle sue labbra. Rammento ancora la dolcezza che brillava nel suo sguardo, quando le si volgeva la parola, e la viva intelligenza con cui afferrava il senso delle cose, prima ancora che si fosse terminato di esporglielo. E nemmeno ho scordato la premura che davasi, abbandonando qualsiasi occupazione, per rendere servigio ad alcuno.

Coloro che scambiano la meditazione colla mestizia inarcheranno le ciglia se io dicessi che mia zia Mary era sempre felice. Eppure nulla di più vero. Il suo spirito non si innalzava fino alla passione: ma al tempo stesso non scendeva fino allo scoraggiamento. Io so che è di regola, in materia di sentimento, che un tal carattere non dovrebbe essere interessante. Quest’idea non manca certo di qualche fondamento. La calma di una natura usuale, ha nulla infatti di attraente; ma