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scrive, che la grandezza, e altezza dei portici era stupenda: magnitudo porticuum, et sublimitas stupenda est: cosa non necessaria a rilevarsi se già avesse compreso nella data altezza il frontespizio.

In appresso poi riflettendo, che le colonne sarebbero state troppo sottili per quell’epoca; e che Diodoro lodava il portico insieme alla sua parte superiore, nominando i bassirilievi, che erano nel timpano, e non eccettuato quello dall’altezza del tempio; pensai, che ve lo avesse compreso. Così le colonne venivano ad essere della proporzione più giusta di circa sei diametri. Riflettei parimente al motivo, per cui quell’architetto pensasse a fare il tempio falso–alato, ossia col muro della cella tirato fino quasi al diametro delle colonne; e sospettai, che fosse stato, come già dissi, per la difficoltà di trovare pietre della grandezza, e della resistenza necessaria per formare gli architravi, non per bisogno di ampliare la cella, come dice Vitruvio1 che fu fatto in appresso. Per ultimo considerando la larghezza di 160. piedi, che doveva avere la cella; e che forse questo tempio dedicato a Giove Olimpico poteva essere della forma del tempio di Giove Olimpico in Elide, e di quello in Atene, che erano ipetri, al dire di Vitruvio2; congetturai, che quello potesse anche essere ipetro, o scoperto dentro nel mezzo, come è il maggiore di Pesto; e che non avesse portici a colonne intiere nè avanti, nè dietro; ma che quelli fossero chiusi dal muro fra le mezze colonne come il rimanente.

A quelle mie nuove riflessioni voi opponete le vostre, e con poche parole; perchè al solito sparate decreti, e assiomi, non prove. Ma Diodoro, scrivete, che lo aveva, veduto, dice, che vi erano portici. Nè per portico si può intendere un luogo chiuso, tra quattro mura; nè finora sappiamo cosa sia nei tempj antichi questo portico chiuso a modo di vestibolo, che il sig. ab. Fea propone di sostituire ai soliti portici aperti. Questa nuova distribuzione del tempio farebbe stata notata da Diodoro, come notò l’insolita costruzione colle mezze colonne esterne attaccate alle colonne quadrate interne. E poi quali tenebre non sarebbero state in un tempio, che avanti le sue due porte in vece di avere un portico aperto avesse un vestibolo chiuso? D’altronde noi non sappiamo che quei tempj avessero finestre. Diodoro nel dire, che vi erano i portici avanti, e dietro, ossiano le stoe in greco, non dice precisamente, che fossero colonnati, come quelli, che sogliamo vedere negli altri tempj. Egli anzi avrebbe dovuto avvertire, che vi era questo colonnato di colonne intiere, in vece di nominare solamente le mezze, e darne la misura: tanto maggiormente, se prese la misura dell’altezza dalla parte avanti, comprendendovi anche il frontespizio: e di tante colonne di così smisurata grandezza, come non avrebbe dovuto conservarsene qualche pezzo visibile ai viaggiatori, che non vi hanno mai saputo trovare se non le mezze? Siccome questo tempio, al dire di lui, era diverso per quella nuova forma dagli altri, non è imponibile, che fosse diverso anche nella forma del portico; perchè in essi a farli a modo di colonnato ostava la stessa difficoltà delle pietre degli architravi, che nel resto; non potendole sospettare fatte a conio . Bastava, che negl’intercolunnj

  1. Lib.4. cap.7.
  2. Lib. 3. cap. 1.