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quinio Prisco, venne, per testimonianza di Strabone1, e di Plinio2, in Etruria, e nominatamente a Tarquinia3, con una turba di artisti, i quali vi perfezionarono le arti, e l’arricchirono di lavori più belli degli Etruschi. E chi ci vorrà provare, che Tarquinio fatto sovrano di Roma non abbia anche fatto venire in questa città qualcuno di quelli, o altri greci artisti, se al dire di Strabone continuava ad essere molto impegnato per far ornare di monumenti Tarquinia sua patria? Egli fu, che rese più magnifico il trionfo; ornò la città di Roma con portici4; formò il progetto di quel tanto celebrato tempio di Giove Capitolino, e ne gettò i fondamenti. Tarquinio il superbo, di lui nipote, fu quello, che l’inalzò con una spesa enormissima, e una grandiosità sorprendente, ammirata anche dai secoli appresso, e fece i sotterranei spurghi della città non meno stupendi, chiamando per tutti quelli lavori gli artefici dall’Etruria5; e credo con probabilità dalla patria del suo avo. Servio Tullio di lui antecessore, per emulare il tempio di Diana Efesina fatto di comun consenso dalle città dell’Asia6, uno ne alzò in Roma alla stessa dea, facendovi contribuire i popoli latini; e fu detta cipria la strada, in cui fu eretto: chiaro argomento, che si aveva fin d’allora in Roma qualche idea delle cose dei Greci, e si gareggiava per imitarli, e superarli. Non sarebbe quindi improbabile, che avessero avuta la stessa mira i due Tarquinj nella fabbrica del tempio di Giove. Quale fosse la sua architettura io noi saprei dire. Il P. Paoli7 per farcela immaginare, fa riflettere, che fu riedificato al tempo di Vespasiano nella stessa forma, e disposizione di parti, che avea quello fatto dai Tarquinj. Ma guai all’architettura etrusca, se dobbiamo intendere cosi esettamente la risposta di quegli aruspici riferita da Tacito8, come osservammo qui avanti pag. 44, not. a. Sarebbe stato un tempio indubitatamente greco, secon-


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  1. lib. 5. pag. 336.
  2. lib. 35. cap. 3. sect. 5., c. 12. sect. 43.
  3. Non sarebbe improbabile, che i sepolcri trovati in quei contorni, de’ quali fu parlato nel Tom. I. pag. 192., siano di questo tempo, o posteriori. Gl’intendenti, che hanno esaminate le pitture, vi trovano miglior gusto, che nelle cose etrusche.
  4. Livio lib. 1. cap. 15. num. 35.
  5. Lo stesso cap. 21. num. 55. seg.
  6. Livio lib. cit. cap. 17. num. 45. Vedi qui avanti pag. 54. seg.
  7. Dissert. 3. num 6. pag. 70.
  8. Hist. lib. 4. cap. 53.