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sull’antico tempio di Girgenti. 127

stessi, per riguardo agli antichi tempj della Grecia, quale è tra gli altri, quello di Sunio sul promontorio attico, il quale


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    ra perchè in quella forma di mezze colonne, e pilastri, egli avea fatta consistere la angolarità principale della fabbrica; e non posso credere, che in vece di colonne vi fossero posti degli Atlanti, o Telamoni a reggere i portici, come dice il P. Fazelli nel luogo, che citai qui avanti pag. 30. not. c., e che tre ve ne fossero restati in piedi sin all’anno 1401., per cui quel tempio si è chiamato Palazzo dei Giganti. forse questa tradizione ha avuto origine dalle figure dei Giganti scolpite nel timpano, le quali in proporzione dell’altezza del tempio dovevano essere colossali. Diodoro non avrebbe certamente tralasciata quella particolarità se vi fosse stata.
    Su questa pianta, che io così m’immagino, si può ora discorrere della larghezza, che poteva avere il tempio in proporzione della larghezza, per vedere se la lezione di Diodoro è giusta, o no; e potrà insieme alzarvisi l’edifizio per trovare quanti diametri d’altezza aver potettero le colonne. L’espressione dello storico nel dire i portici di una grandezza, e altezza stupenda, e il riflettere, che il tempio fu alzato dopo i tempi di Pericle, quando le proporzioni già doveano essersi ingentilite, mi fanno credere che le colonne potessero avere un’altezza maggiore dei sei diametri, che lor dà Winkelmann. Le troveremo anche di circa otto diametri se calcoleremo sulla misura del triglifo accennata dal signor barone Riedesel. Coll’altezza di esso si può stabilire tutta l’altezza dell’intavolato, o cornicione, osservando le ordinarie proporzioni di que’ tempi, vale a dire, che il fregio sia di piedi otto, secondo la misura di dodici palmi del nominato triglifo; l’architrave, come più alto del fregio, sia piedi dieci; e la cornice, perchè più bassa del fregio medesimo, sia piedi sei, che uniti insieme fanno piedi ventiquattro; quali dedotti dalla somma totale dell’altezza notata da Diodoro in cento venti piedi, restano per l’altezza delle colonne, compresovi il capitello, a norma delle regole, piedi novantasei, che similmente divisi per dodici piedi, diametro dato dallo stesso Diodoro ai pilastri, e per conseguenza anche alle colonne, vengono ad avere l’altezza di otto diametri. Nè qui posso valutare l’autorità di Vitruvio, il quale dicendo che nei primi tempi le colonne doriche aveano sei diametri, e sette in appresso, dovette ignorare le fabbriche di Girgenti, o almeno il tempio creduto della Concordia, e tutti gli altri, de’ quali voglionsi le colonne di cinque diametri, e anche meno, come accennai alla pag. 51. not. a.; e queste fabbriche tutte dei migliori tempi dell’arte, come dissi nella nota alla pag. 122. Siccome poi il tempio di Giove non poteva essere una torre; e la sua larghezza dovea essere corrispondente all’altezza; in qualunque proporzione si voglia prender questa, sarà sempre vero, che vi sia errore nel numero dei piedi segnatici da Diodoro per la sua larghezza: il che tanto più dobbiamo credere, dopo che ci asserisce il lodato viaggiatore, che l’area mostra ancora oggidì un’ampiezza maggiore per questa parte; nella qual area peraltro era da osservarsi, che anticamente vi doveva essere compreso il basamento ornato di più scalini, o anche senza, che girava tutto intorno al tempio; e quello basamento non dovea comprendersi nelle tre accennate dimensioni dell’edilizio. Vedasi la figura, che ho formata qui appresso Tav. VIII. lett. a.
    Per maggiormente illustrare qui il passo di Diodoro, e l’epoca degli edifizj di Girgenti esamineremo ora l’opinione del P. Pancrazi riguardo al detto tempio della Concordia, di cui daremo la figura nella Tav. XIX. appresso. Egli Tom. iI. par. 2. c. 2. p. 89. pretende che sia stato fabbricato dopo che scrisse Diodoro; e si fonda principalmente sulla grande conservazione di esso, quando all’opposto Diodoro scrive che i tempj di quella città furono tutti arsi, o distrutti. L’argomento non pare di molta forza, e anche niuna, se consideriamo bene il sentimento dello storico. Dice quello, che i tempj furono o distrutti, o abbruciati. Chi ci prova, che per distrutti intenda rovinati affatto? In quelli che furono arsi, essendo tutti fabbricati con quei massi di pietre, che cosa poteva consumarsi se non se al più il soffitto, se era di legname, e il tetto? E che in fatti non fossero rovinati gli edifizj dai fondamenti è chiaro dal lodare, e ammirare che fa Diodoro la struttura, e gli ornamenti di essi, e in ispecie dello stesso tempio di Giove, che sussisteva ancora quando scrisse Diodoro nella forma, in cui fu interrotto nell’olimpiade xciii.: nam templorum structura & ornatus, in primis vero Jovis fanum, magnificentiam illius æratis hominum ostendit. Nè mai più fu possibile agli Agrigentini di terminare quello tempio di Giove dopo quel tempo, in cui la città fu saccheggiata, e rovinata in parte: ab eo tempore exciso oppido, nunquam postea colophonem ædificiis imponere Agrigentini valuerunt. Or se tante furono le angustie di quei cittadini in tutto quel frattempo da non poter compire quel