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dai tempi d’Adriano ec. 393

ca alla statua, combineranno insieme i più bei tratti delle figlie di Niobe, e le daranno lo sguardo lusinghiero e vivace della Venere Borghese, tale però che non disconvenga all’innocenza; nè le acconceranno con doppio nodo i capelli sulla fronte, come quella portar li suole; ma in cima alla testa glieli raccoglieranno unendoli sopra senz’arte, quali serto di fiori con bel disordine intrecciati, quali portanli le Ninfe nella corsa a piedi, e su cocchi dipinti su un vaso Hamiltoniano da me descritto1. Forse un occhio voluttuoso avrebbe desiderato di vedere affatto ignuda quella dea; ma allora non vi farebbe quella parte in cui l’antico artista ha più che altrove dato saggio della sua abilità, e del suo sapere. Egli le ha gettato sul manco braccio un panno, in cui direbbesi che le Grazie lavorarono in compagnia dell’arte; questo le cade in minute e molli pieghe, e sì trasparenti che lasciano come travedere tutto ciò che ricoprono. Veggonsi diffatti sotto questo velo le più belle cosce muliebri, che siano mai state scolpite in marmo; e sì ben fatte esse sono che perdonar mi si dee, se credo esser questa la medesima statua fu cui i poeti proposero come un modello delle più ben formate cosce quelle di Teti, σφύρα τῆς Θέτιδος 2. L’immaginoso scultore di quella Nereide ci fa qui intender più che Omero stesso; poichè egli la fa sorger dalle onde prima d’aver sentito amore per un mortale, e avanti che si desse a Peleo, anzi avanti che i tre numi fissassero lo sguardo sulla sua giovanile bellezza, e che il primo naviglio galleggiasse su i flutti egei: onde la parte della nave, su cui essa appoggia il piede, è un semplice attributo per riconoscerla.

[Moneta di Faustina.] §. 4. Farò qui menzione d’una rarissima moneta d’argento di Faustina sempre coll’epigrafe: PVELLAE FAVSTINIANAE,

Tom. II. D d d su


  1. Vedi Tom. I. pag. 231. 288.
  2. Anthol. lib. 7. n. 100. vers. 2.