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da Alessandro il Grande ec. | 265 |
§. 15. Non potendosi per tanto ravvisare nella mentovata statua il re Pirro, ed essendo altronde la testa ideale, potrebbe credersi ivi effigiato Marte; ma a ciò pur si oppone il non trovarsi mai data a questo dio la barba nelle opere antiche. Vennemi in pensiere che quella statua fosse di Giove, a cui più che ad altro dio somiglia, e ivi si rappresentasse il Giove Ἄρειος (guerriere), che ebbe pur l’aggiunto di Στράτιος (condottiere d’eserciti); ben sapendosi che eziandio ad altri dei, oltre Marte, è stato talora dato l’usbergo, come a Bacco su un’ara della villa Albani, e a Mercurio in bronzo del museo Hamiltoniano. Ma abbandonai tal opinione, poichè sì i capelli che la barba son diversi da quelli che suole aver Giove; e siccome la testa di essa ha molta somiglianza con quella di Agamennone, che vedesi nello stesso museo fu un’urna in cui rappresentasi la sua contesa con Achille per Briseide1; quindi ho giudicato essere tali teste l’effigie di quel re, il quale aveva altresì a Sparta un tempio2, ove veneravasi col soprannome di Ζεύς (Giove): nome che diedero pur Gorgia a Serse3, ed Oppiano a Comodo4.
[Passò l'arte dalla Grecia..] §. 16. Dopo che soggiogate furono tutte le città libere passò l’arte della Grecia, ed ebbero perdute colla libertà le ricchezze, le arti, che nella loro patria non aveano più sussistenza e ricompense, obbligate vidersi ad abbandonarla quali interamente. Furon esse però e in Asia dai Seleucidi, e in Egitto dai Tolomei accolte e ricompensate generosamente; onde parvero sotto un nuovo cielo una nuova vita ricevere, e riavere in qualche modo il loro vigor primitivo.
[...in Egitto.] §. 17. I più grandi protettori della perduta arte greca furono i successori d’Alessandro in Egitto, Tolomeo Sotere5,
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