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presso i Greci e presso i Romani. 149

artisti coniate prima che le arti greche venissero a fissare in Roma la loro sede.

§. 10. Conviene altresì confessare che ne’ tempi medesimi, ne’ quali i Romani veder poteano ed imitare le opere greche, mai ad uguagliare i Greci non giunsero; del che somministra Plinio1 stesso un argomento, ove facendo menzione di due teste colossali, allora esistenti nel Campidoglio, lavoro l’una del celebre Carete discepolo di Lisippo, e l’altra di Decio statuario romano, dice che la seconda in confronto della prima sì deforme parea che d’uno appena mediocre artista credeasi lavoro. Ma non si può quindi inferire che lavoro romano sia qualunque vedesi informe o mediocre antico monumento2; e molto meno si dee giudicare dello stile e del disegno degli artisti romani da alcuni lavori che presto e con poco studio faceansi da mediocri artefici per venderli in commercio, quali sono alcune urne sepolcrali. Da tali opere formerebbesi una ben falsa idea dello stile romano. S’aggiunga che trovansi pure sì informi lavori di artisti certamente greci, come appare dalle loro greche iscrizioni, i quali sembran opere degli ultimi tempi di Roma3.


§. 11. Tut-


  1. lib. 14. cap. 7. sect. 18.
  2. Potendo essere qualcuno di essi anche di artefice etrusco. Vedi Tom. I. pag. 17 z. not. a.
  3. Che i Romani non avessero uno stile loro proprio si può anche inferire dai pochissimi artefici che hanno avuto. Plinio lib. 35. cap. 4. sect. 7., zelantissimo della gloria di Roma e indagatore assai accurato, ben pochi ne rammenta, e questi per lo più de’ tempi degl’imperatori. È certo che i Romani, avendo sotto gli occhi tanti bei monumenti dell’arte etrusca e greca, avrebbero potuto formarsi agevolmente uno stile particolare da star del pari a quello degli Etruschi, e de’ Greci. Ma una natural ferocia, unita ad una rusticità loro propria, cagionò in loro il disprezzo delle arti liberali: quella urbanità, che ne’ Romani ravvisa il signor Gedoyn De l’urb. rom. Acad. des Inscript. T. VI. Mém. pag. 208. seqq., si è estesa soltanto al loro idioma; e quella civiltà, che ne’ medesimi riconosce il signor Simon Acad. des Inscript. Tom. I. Hist. pag. 70., non fu altro che una cerimoniosa servitù introdottasi in Roma dopo la perdita della libertà. L’esercizio pure della guerra, in cui più volentieri che in qualunque altro impiegavansi i Romani, impedì loro di conoscere il pregio delle belle arti, e di coltivarle. L’ordine dato da L. Mummio, il primo che abbia fatto conoscere in Roma statue e pitture greche, ben fa vedere quanto poco le conoscesse. Dovendosi trasportare in Italia le statue e le pitture più rare prese da lui nello spoglio di Corinto, fece sapere a’ condottieri, che se mai fossero queste andate a male, obbligati gli avrebbe a rifarne altre consimili, Vellej. Paterc. lib 1. cap. 13. Mostrarono, egli è vero, i Romani negli ultimi tempi della repubblica e sotto i cesari somma premura d’acquistar le opere più pregevoli di pittura e di scultura,