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266 D e l l e   A r t i   d e l   D i s e g n o

gare l’esistenza d’un vero bello, non altro vogliono che far pompa di spirito. Vedendo essi le grandi opere dell’antichità, che in molta copia ancor ci rimangono, possono sgombrar l’ignoranza loro, riformare il loro gusto, e avvezzar l’occhio a ben giudicarne; ma per correggere la mancanza di sensibilità non v’è alcun mezzo.

§. 7. Una delle ragioni, per cui discordi sono i pareri degli uomini intorno al bello, si è perchè non abbiamo, come disse Euripide1, una certa norma su cui giudicare del deforme. Così avviene, che siccome intorno al vero bello, nello stesso modo anche riguardo al vero buono si discordi. Questi dispareri intorno al bello si manifestano maggiormente riguardo ai lavori dell’arte, che riguardo alle opere della natura: e così deve succedere, poiché quella meno lusinga, e meno attrae. Indi è che una figura formata sull’idea della più sublime bellezza, sotto sembianze maestose e piene di dignità, ad uno che non sia conoscitore men piacerà d’una bella figurina di sembianze comuni che abbia vita, parli, e si muova. Il fondamento d’un siffatto giudizio sta nell’amor dei piacere, dal quale al primo sguardo si lascia dirigere la più parte degli uomini; e di già l’anima loro trovasi occupata, quando l’intelletto vorrebbe freddamente dell’oggetto assaporar la bellezza. Non è questa allora che ci piace e ne attrae, ma bensì la voluttà. Per tale ragione ad un giovane, in cui ferve l’amor del piacere, sembra una dea colei, che senza essere veramente bella, pur ha nel volto un non so che di vezzo languido, e di vivace che alletta; laddove mirerà egli con indifferenza una bella donna che ne’ gesti e nel contegno spiri modestia, ancorché abbia per avventura le sublimi forme e la maestà d’una Giunone.

§. 8. Sovente molti degli artisti formansi l’idea del bello


sul-


  1. Hecub. v. 602. [ Dice che l’idea del turpe si cava dalla regola dell’onesto.