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vanile facile a contenersi co’ modi ordinarii. La sera dell’11 gennaio parecchi di essi comparvero al teatro, coperto il capo di un berretto rosso alla foggia di quelli onde s’adornano nelle provincie piemontesi più vicine alla Lombardia, e benchè un tal berretto in nulla ricordasse quelli del 1793, pure allarmossene la polizia, ed ordinò l’arresto di quei sconsigliati; tosto son loro d’attorno i compagni, smaniosi di liberarli, ma riescono vani gli sforzi; gli agenti della polizia prevalgono, e traggono seco le loro vittime.

La cosa non avrebbe avuto altro seguito, se si fosse ricorso alle leggi vigenti a tal riguardo. L’università godeva di privilegi, dei quali però una parte soltanto degli studenti potea valersi, ma se non tutti, taluno degli arrestati avrebbe senz’altro avuto il diritto d’invocarli. Piacque invece alla polizia di cosa tanto frivola menar gran rumore, e siccome ai governi assoluti fu sempre gradito il mezzo di punire, senza o prima del giudizio, ed espediente opportuno a sbrigarsi degli affari ritrovano il fondo di una torre, così il giorno 12 gli studenti arrestati alla vigilia, furono trasportati in due fortezze distanti dalla capitale, e per dare un aspetto più imponente alla cosa, si avvisò farli traversare la città di Torino in mezzo a numerosa scorta. A tal vista s’infiammano i compagni, reclamano i loro privilegi, ed il rispetto dovuto alle leggi che tutelano l’università. S’intromettono i professori a calmarli; ma come non consentire nella giustizia e legalità di loro querele? Dopo il mezzogiorno una moltitudine di studenti ingombrava i portici della strada del Po in vicinanza dell’uni-