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nobili obliato l’onore e la dignità di loro condizione, ed abbandonato codardi e traditori gl’interessi della pubblica libertà, fu molto più abbominevole il vedere come codesti nobili rinvenissero degli ausiliarii fra quelli uomini che aveano professato fin allora principii liberali. Stretti in quella incomprensibile alleanza, si diedero a secondare i disegni del re, ed ingannarono la nazione che si trovò tutto a un tratto sotto il giogo, ed ebbe a scorgere nemici in quelle file nelle quali sperava difensori. Qual profitto ne aveste, spergiuri custodi della Costituzione di vostro paese? L’avvilimento, la miseria della Sicilia, il popolo a discrezione di chiunque vuol con tasse e balzelli malmenarlo. Se questo era vostro scopo, l’avete raggiunto, ma se avete sperato raccorre il frutto v’ingannaste d’assai. Sono li stranieri che sel divorano. La Sicilia pasce 8 mila Austriaci, le sue rendite sono ipotecate da prestiti dei quali il governo di Napoli non impiega neanco il quarto per i bisogni di quest’isola sfortunata. Sparisce il danaro d’un modo rapido e spaventoso, non si veggono che creditori trascinanti in giudizio i loro debitori, ovunque abbattimento, disgusto, diffidenza, inquietudine. Ecco ciò che restò alla Sicilia, rovesciata la libertà. Così lagrimoso risultato dovrebbe suscitare di grandi e generosi pentimenti. Sarebbe ancor tempo: la patria come la vera religione non conoscono falli inespiabili.