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aprissero le porte dello Stato all’austriaco, persuasi ne bastasse soltanto l’abborrita vista ad unire i partiti in un subito e generoso sdegno, cui nulla avrebbe potuto arrestare; a tal prezzo qualunque sacrifizio1 sarebbe sembrato ad essi lieve cosa, e n’eran prova la rallentata marcia, gli abboccamenti proposti dai parlamentari del general Della-Torre premurosamente accettati.

Terribile momento pei costituzionali fu quello in cui, svanite le speranze, sbalorditi gli animi dei soldati, ebbero i capi a prevedere d’uno sguardo tutti gli orrori di quella giornata. Tante sventure in una sol volta s’aggravavano sulla causa dell’indipendenza italiana, che non reggeva il cuore de’ più intrepidi a misurare freddamente l’abisso in cui stava per precipitare.

Il combattimento divenne ben presto generale: l’armata austro-piemontese era due volte maggiore di forze, la sua posizione di fronte, sostenuta dal fuoco delle grosse artiglierie della città, formidabile; e già coll’ala sinistra sorpassava quella dei costitu-

  1. E qui ci rispondono: «Erano pronti a sacrificare! E che cosa? i nuovi lor gradi? Oh no! La costituzione? Sì, anche la costituzione.» Non sarà lunga la replica. Regis, San Marsano, San Michele erano colonnelli prima della rivoluzione, e colonelli erano l’8 aprile a Novara. Collegno era maggiore prima della rivoluzione, e maggiore l’8 aprile. Lisio avea ricusato il grado di maggiore, ed era rimasto capitano. Non si trattava dunque di sacrificare, o non nuovi gradi, posciacchè si conservavano gli antichi; il vostro sarcasmo è fuor di proposito. Quanto alla costituzione, l’impossibilità di mantenere quella di Spagna era ormai fatta evidente dalla caduta di Napoli, ma però non si sarebbe mai pervenuti ad una ricongiunzione, senza convenire assieme di basi fondamentali della pubblica libertà.