Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/630

626 storia

Descrive con molto spirito il Farini le donne del popolo le quali, abbandonate le consuete catapecchie, trassero ai sontuosi ostelli, dove si pavoneggiavan fra gli addobbi e le ricche suppellettili delle invidiate principesse, quasichè ritenessero che non ostante il volgere delle umane vicende, esser potesse stabile una momentanea ed illusoria trasformazione.

Questo fatto ci suggerisce la riflessione seguente. Le donne trasteverine rientrando ne’ loro tuguri abbandonati, avran lasciato sulla soglia degli aurati palagi, nell’uscirne, l’invidia e il livore, o gli avran seco loro portati negli umili casolari del Trastevere? Il veleno lo avean trangugiato. Ebbero esse l’antidoto per liberarsene?.

Ritorniamo alla narrazione delle cose di Roma. La commissione delle barricate, facendo eco al triumvirato, dirigeva al popolo col suo stile faceto al solito le parole seguenti:

«Popolo!

» Oggi fu battaglia di cannoni. La meno sanguinosa.

» La palla di moschetto colpisce gli uomini, la palla di cannone, la bomba, il razzo, colpiscono le mura e le case. È rarissimo il caso degli uccisi, oggi non abbiamo un sol morto.

» Anche gl’incendi difficilmente si sviluppano. I nostri esperti vigili saprebbero prestamente estinguerli.

» Dunque coraggio, sangue freddo, e buon umore. Si tratta della Repubblica Romana e di tutta Italia.

» Quelli che sono armati di fucili a lungo tiro, di carabina, o di stutzen faranno bene a trovarsi sulle altare del Montorio. Di là potranno, bene appostati, mirare i cannonieri nemici tostochè avvicinino i pezzi.

» Popolo, noi parliamo col cuore, quindi con sincerità repubblicana. Mantenete il coraggio romano nelle vostre donne. Il governo troverà per loro alloggi principeschi