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Bologna, si faceva organo delle sezioni, e rovesciava con visibile gioia strafalcioni da far drizzare i capelli. Ne ricorderemo solamente uno. Egli dalla tribuna dava come una cosa stessa il diciassette e mezzo per cento e un diciassettesimo e mezzo per cento. Eppure niuno sorse a protestare contro costui che si dichiarava delegato di tutte le sezioni a rappresentarle nella controversia.»

Non ostante le critiche della Speranza italiana, le grida dei colpiti dal decreto e le ragioni addotte da tutti gli uomini di buon senso, la misura passò e attuossi, un officio si organizzò per detto oggetto, e il danaro dei possidenti venne a sovvenire le casse dei rigeneratori delle cose romane.

Il giorno 26 il comitato esecutivo, recedendo dalle disposizioni già date, ordinava che il clero continuasse a fare gli atti di amministrazione.1

Ma col pubblicare il giorno 27 il decreto del 25 col quale si aboliva la giurisdizione ecclesiastica ossia quella dei vescovi sopra le università ed altre scuole qualunque, e ponevasi l’insegnamento sotto la dipendenza immediata del potere esecutivo, si fece, sembraci, atto lesivo dei diritti del potere spirituale del papa.2

Veniva pubblicato pure altro decreto in data del 24 per interdire agli assenti la percezione dei soldi ossiano indennizzi. E così usavasi altra violenza a quelli che potendo, amavan di starsene lungi da Roma.3

La diffidenza però era entrata nelle masse popolari, e quindi a dissiparne gli effetti s’indusse il ministro dell’interno Saffi ad emettere un indirizzo il 26 febbraio, che venne pubblicato il 27, col quale si rassicuravano i timorosi sul niun pericolo circa le casse di risparmio e del monte di pietà.4


  1. Vedi Monitore del 26, pag. 111. Vedi la Pallade, n. 481.
  2. Vedi Monitore del 27, pag. 115. — Vedi la Pallade, n. 480.
  3. Vedi il Monitore del 26, pag. 111.
  4. Vedi la Pallade del 27, n. 481.