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gramma che fu la bussola degli elettori e degli elegibili. Perturbata Roma, in seguito dell’allocuzione pontificia del 29 di aprile, fu il solo uomo che potesse scongiurare la tempesta e riporre in calma i flutti sconvolti. Fu ministro e regnò arbitro supremo nelle Camere e nei circoli, nella piazza e ne’ quartieri civici; e ciò durò fino al luglio 1848.

Il Mazzini da lungi seguiva le fasi del movimento, avversava la fusione col Piemonte in Lombardia, spargeva diffidenza contro i regi, e guadagnava ogni giorno terreno. A poco a poco precipitaronsi gli avvenimenti a tal segno, che non altro che la repubblica poteva costituire il punto di fermata. La voce del Mamiani perdette gradatamente la forza, quantunque la ragionasse forse meglio degli altri, e allora il Mazzini potè dire: l’impero è mio .

Il Mamiani pertanto e il Mazzini furono i due capi partito o capi scuola più efficaci della rivoluzione romana. Il primo amava le linee oblique, il secondo le rette. Tra i due troviamo più chiaro e sincero il procedere del secondo, il quale almeno riccamente ti diceva ciò che volesse. Entrambi per certo aspiravano ad avere una Italia repubblicana, o quasi. Mazzini vi voleva entrare apertamente per la porta; Mamiani occultamente per la finestra. Il primo voleva il nome e la cosa; il secondo la cosa senza il nome. Ci perdonino i nostri lettori questi volgari modi di esprimerci. Ma Mazzini almeno parlandoti chiaro, ti mostrava l’arma di cui voleva valersi, e ti diceva: eccola; salvati se puoi. Mamiani viceversa ti si mostrava con un mazzolino di fiori nelle mani, ma teneva celata l’arma sotto le vesti. E la sua arma eran le insidie le più raffinate.1 In una parola ambidue odiavano il papato, ambidue lo volevano a terra.

E se il Mamiani voleva conservarlo in apparenza, te ne dava la ragione. Se noi impiantiamo la repubblica (egli diceva) e discacciamo il papa, tutti ci daranno addosso, e dovrem porci in guerra con tutto il mondo. Maz-

  1. Vedi Sommario storico ec., vol. I, pag. 307.