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Noi dichiarammo distesamente nei capitoli II e IV di questo terzo volume, siccome a forza d’inganni e illegalità venissero a poco a poco coordinate le cose in guisa, da farsi scaturire la proclamazione della Costituente e la sua attuazione. Narrammo i suoi voti bugiardi, e le arti subdole per ottenerli in Roma il 21 e 22 gennaio. Raccontammo quindi la proclamazione degli eletti il 28, ed in fine la convocazione dell’assemblea il 5 di febbraio, come al capitolo VI. Noi ponemmo ogni studio nel corroborare siffattamente di prove le cose narrate, che osiamo sperare ci si voglia tributare almeno dai nostri lettori una qualche lode soltanto per ciò che si riferisce a verità ed esattezza.

Abbiamo inoltre raccontato nel capitolo precedente la proclamazione della repubblica la sera dell’8; e fummo brevi molto nella enunciazione dei discorsi che precedettero la votazione, sembrandoci averne detto abbastanza e assai bene il Farini nel capitolo XI del terzo volume delle sua storia, al quale riferiremo i nostri lettori.

Ora e prima di proseguire il racconto delle cose occorse, diremo che andrebbe fortemente errato chi credesse che la proclamazione della repubblica fosse la verace espressione delle volontà individuali, e che fosse scaturita naturalmente. Le cose non si passarmi così. Avrebbero esse proceduto regolarmente se nello eleggere i deputati non si fosse avuto in vista che il senno, la probità, la esperienza, la dottrina, il censo. Ma nulla di tutto ciò. I circoli che primeggiavano dapertutto (e questo lo abbiamo toccato con mano), i circoli furono che adoperaronsi perchò la scelta dei deputati cadesse non sulle persone migliori del comune, del distretto, o della provincia, ma su quelle esclusivamente ch’eran note per caldi sensi repubblicani, affinchè, assicurata una maggiorità nell’assemblea, la repubblica e non altro fosse il governo da scegliersi ed approvarsi.

Non sarà inutile di rammentare come subito dopo l’armistizio Salasco, e le grida degli esagerati contro Carlo Alberto, il partito repubblicano alzasse la testa; come Venezia