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Non è a dire quale impressione producessero i fatti sovraccennati, che accaduti il 29 in Napoli si riseppero in Roma il giorno 31. E tale fu il desiderio di mostrarne il tripudio che senza consultare il municipio (ch’era l’autorità tutrice del popolo), si detter subito segni di pubblica esultanza.

Difatti la stessa sera del 31 i casini posero i lumi alle finestre. Una dimostrazione ebbe luogo sotto quelle del ministro sardo. Al teatro di Apollo si cantò il così detto inno di Pio IX (ch’era inno poco men che repubblicano), e rannodaronsi dai palchi i fazzoletti, come segno di unione e fratellanza.1

In seguito di che il municipio romano, conscio dei preparamenti che facevansi per solennizzare un sì strepitoso avvenimento, qual era la subita trasformazione del reame di Napoli da governo assoluto a governo costituzionale, ordinò che si celebrasse una festa il giorno 3. Il municipio intendeva con ciò di non farsi (come sogliono dire) rubar la mano, perchè era più che persuaso che, pure non ordinando egli la festa, essa avrebbe avuto luogo non ostante che non vi fosse la licenza de’ superiori.

L’invito del municipio, quantunque porti la data del primo febbraio, non fu inserito in gazzetta che il giorno 3.2 Considerandolo come un atto importante perchè racchiude un principio politico, crediamo di riportarlo. Esso è del seguente tenore:

il senato al popolo romano.


«Il grande avvenimento che in un regno a noi vicino fece cessare gli orrori della guerra civile, e l’agitazione che ne proveniva nella intiera penisola, ha giustamente

  1. Vedi la Pallade num. 156 e 157. — Vedi la Rivista del 10 febbraio 1848.
  2. Vedi la Gazzetta di Roma del 3 febbraio 1848.