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sua fede sincera e pei suoi spiriti liberali dallo storico Farini. E convien dire che questi spiriti liberali fossero assai pronunziati, perchè secondo il Gigliucci era stato pei fatti del 1831 condannato, sotto il governo di Gregorio XVI, nientemeno che all’ergastolo in vita.1

La stessa sera del 4 gennaio si vide una di quelle scene che dicevansi figlie dell’amore di libertà e di patria. Era la principessa di Belgioioso la quale dopo essersi trattenuta in compagnia di molta gioventù al caffè delle Belle Arti, recavasi a piedi al circolo romano, e veniva lungo la strada ricevuta con una ovazione dal pubblico, in guisa che, giunta al circolo, trovossi costretta di affacciarsi al balcone, e ringraziare con affettuose parole il popolo sottostante.2

Intanto che questa scena semi-comica accadeva in una parte del Corso, altra e di ben altro genere vedevasene sul Corso stesso, la quale non si diceva a parole, ma era figlia in realtà dell’amore, del rispetto e della riconoscenza.

Era il cadavere del commendatore Don Carlo Torlonia rapito ai viventi il 31 del passato dicembre, che con pompa funebre, ma solennissima, dal suo palazzo in piazza di Venezia difilando pel Corso compieva il suo giro prima di essere depositato nella sua chiesa parrocchiale dei SS. XII Apostoli.

La popolazione tutta di Roma compresa da profondo dolore prese parte o come attrice o come spettatrice, pregando pace e riposo all’anima di quel giusto la cui perdita fu tanto sentita e compianta da ognuno.

Vi preser parte attiva la civica di cui era colonnello, la linea, tutta la officialità, lo stato maggiore, e anche buon numero di artisti, di servi, di beneficati, di amici. Chiudevano il funebre cortèo quelle povere ragazze orfane di padre e di madre, ch’egli faceva educare e manteneva a sue spese nel conservatorio che aveva a questo fine eretto in via sant’Onofrio.


  1. Vedi Gigliucci, vol. II, pag. 55.
  2. Vedi l’Italico del 5 gennaio 1848.