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pidigie. Avremo occasione di parlare del medesimo parecchie volte nello svolgimento di queste storie.

Tutte le misure prese nel breve periodo che abbraccia il presente capitolo dicono abbastanza che il torrente rivoluzionario, soverchiate le dighe che lo contenevano, era sul punto di tutto travolgere ne’ suoi indomabili vortici. La Francia col suo prestigio affascinante e col suo terribile esempio, parve che simile alla testa di Medusa terrificasse i governi tutti dell’Europa. Le armi cadevano per così dire dalle mani dei difensori dei troni. Il terreno tremava sotto i piedi, il senno vacillava nei reggitori degli stati. Le leggi non eran più saldo riparo alle improntitudini dei popoli disfrenati. L’autorità fatta da per tutto ludibrio e scherno dei novatori, chiarivasi impotente al comando. Il coraggio era colpito da paralisi nei buoni; i tristi o gli audaci erano per ogni dove in trionfo; la incertezza e la trepidazione parve che per un momento signoreggiassero il mondo.

Tale lo stato d’Europa dopo la metà del marzo 1848. E verso il fine del detto mese tali, tanti, e così tremendi furono i casi che si vennero svolgendo, che se la società umana non piombò in universale rovina, non si dovette al certo ai provvedimenti degli uomini, sibbene alla Provvidenza divina che simili cose disponeva a loro ammaestramento.

Di tutto ciò per altro meglio tratteremo nel capitolo seguente.