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zione del suicidio fa un discorsetto alle sue armi assai ingegnoso, e finisce:

Sani piaga di stral piaga d’amore,
E sia la morte medicina al core.

È ciò che fu detto orpello del Tasso o maniera, propria de’ poeti subiettivi, una forma artificiosa di rappresentazione, dove l’interessante non è la cosa, ma il modo di guardarla. In questo caso la forma non è la cosa, ma lo spirito, con le sue attitudini facilmente classificabili nei loro caratteri esteriori, e divenute maniera o abitudine nella rappresentazione, com’è il petrarchismo o il marinismo. Essendo il proprio di questa maniera una cantilena breve e chiusa, che ha il suo valore non solo nel rimanente della clausola, ma in sè stessa, vi si sviluppa l’elemento cantabile e musicale, una enfasi sonora, un suono di tromba perpetuo e monotono, con certe pause, con certi trilli, con certe ripigliate, con un certo sopratuono come di chi gridi e non parli, che non comporta la semplice recitazione, come si può in molti passi di Dante, del Petrarca e dell’Ariosto, ma ti costringe alla declamazione. Ci è un’arma virumque cano dal principio all’ultimo, un accento sollevato e teso, come di chi si trovi in uno stato cronico di esaltazione. Indi scelta di parole sonanti, riempiture di epiteti e di avverbii, nobiltà convenzionale di espressione, povertà di parole, di frasi, di costruzioni e di gradazioni. Con questa forma declamatoria si accompagna naturalmente la rettorica, che è quel tenersi su’ generali, e ravvivare luoghi comuni o concettosi con un calore tutto d’immaginazione, tra uno scoppiettio di apostrofi, epifonemi, ipotiposi, interrogazioni ed esclamazioni, il che gli avviene, massime quando mira alla forza di concitate passioni, come sono i lamenti di Tancredi e i furori di Armida. Questa è la maniera del Tasso, per entro alla quale penetra il