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Il difficile non era gabbare Nicia, ma persuadere Lucrezia. L’azione così comica per rispetto a Nicia qui s’illumina di una luce fosca e ti rivela inesplorate profondità. Gl’istrumenti adoperati a vincer Lucrezia sono il confessore e la madre, la venalità dell’uno, la ignoranza superstiziosa dell’altra. E Machiavelli, non che voglia palliare, qui è terribilmente ignudo, scopre senza pietà quel putridume. Sostrata, la madre, in poche pennellate è ammirabilmente dipinta. È una brava donna, ma di poco criterio, e avvezza a pensare col cervello del suo confessore. Alle ragioni della figliuola risponde: Io non ti so dire tante cose, figliuola mia. Tu parlerai al frate, vedrai quello che ti dirà, e farai quello che tu di poi sarai consigliata da lui, da noi e da chi ti vuol bene». E non si parte mai di là, è la sua idea fissa, la sua sola idea. «T’ho detto e ridicoti che se Fra Timoteo dice che non si sia carico di coscienza, che tu lo faccia senza pensarvi». Il confessore sa perfettamente che madre è questa. «È una bestia, dice, e sarammi un grande aiuto a condurre Lucrezia alle mie voglie».

Il carattere più interessante è Fra Timoteo, il precursore di Tartufo, meno artificiato, anzi tutto naturale. Fa bottega della Chiesa, della Madonna, del Purgatorio. Ma gli uomini non ci credono più, e la bottega rende poco. E lui aguzza l’ingegno. Se la prende co’ frati che non sanno mantenere la riputazione all’immagine miracolosa della Madonna. «Io dissi mattutino, lessi una vita de’ Santi Padri, andai in chiesa, ed accesi una lampana ch’era spenta, mutai il velo a una Madonna che fa miracoli. Quante volte ho io detto a questi frati che la tengano pulita? E si maravigliano poi che la divozione manca. O quanto poco cervello è in questi frati!» Il suo primo ingresso sulla scena è pieno di significato; colto sul fatto in un dialogo con una sua penitente, pittura di costumi profonda nella sua semplicità. Sta spesso in