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è più detestabile Cesare, quanto è più da biasimare quello che ha fatto, che quello che ha voluto fare un male. Vegga pure con quante laudi celebrano Bruto, tanto che non potendo biasimare quello per la sua potenza, ei laudano il nemico suo. E conoscerà allora benissimo, quanti obblighi Roma, Italia, il mondo abbia con Cesare.» Machiavelli promette a chi prende lo stato con la forza, non solo l’amnistia, ma la gloria, quando sappia ordinarlo. «Considerino quelli a chi i cieli dànno tale occasione, come sono loro proposte due vie, l’una che gli fa vivere sicuri, e dopo la morte gli rende gloriosi, l’altra gli fa vivere in continue angustie, e dopo la morte lasciare di sè una sempiterna infamia». Invoca egli dunque un qualche amato dal Cielo, che sani l’Italia dalle sue ferite, e ponga fine ai sacchi di Lombardia, alle espilazioni e taglie del Reame e di Toscana, e la guarisca di quelle sue piaghe già per lungo tempo infistolite. È l’idea tradizionale del Redentore o del Messia. Anche Dante invocava un messia politico, il Veltro. Se non che il Salvatore di Dante ghibellino era Arrigo di Lussemburgo, perchè la sua Italia era il giardino dell’Impero; dove il Salvatore di Machiavelli dovea essere un principe italiano, perchè la sua Italia era nazione autonoma, e tutto ciò che era fuori di lei, era straniero, barbaro, oltramontano. Chi vuol vedere il progresso dello spirito italiano da Dante a Machiavelli, paragoni la mistica e scolastica Monarchia dell’uno col Principe dell’altro, così moderno ne’ concetti e nella forma. L’idea del Machiavelli riuscì un’utopia, non meno che l’idea di Dante. Ed oggi è facile assegnarne le cagioni. Patria, libertà, Italia, buoni ordini, buone armi, erano parole per le moltitudini, dove non era penetrato alcun raggio d’istruzione e di educazione. Le classi colte, ritiratesi da lungo tempo nella vita privata, tra ozii idillici e letterarii, erano cosmopolite, animate dagl’interessi