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che egli fa sia buono o bello, ma se sia ragionevole o logico, se ci sia coerenza tra’ mezzi e lo scopo. Il mondo non è governato dalla forza, come forza, ma dalla forza come intelligenza. L’Italia non ti potea dare più un mondo divino ed etico: ti dà un mondo logico. Ciò che era in lei ancora intatto, era l’intelletto: e il Machiavelli ti dà il mondo dell’intelletto, purgato dalle passioni e dalle immaginazioni.

Machiavelli bisogna giudicarlo da quest’alto punto di vista. Ciò a cui mira è la serietà intellettuale, cioè la precisione dello scopo, e la virtù di andarvi diritto senza guardare a destra e a manca e lasciarsi indugiare o traviare da riguardi accessorii o estranei. La chiarezza dell’intelletto non intorbidato da elementi soprannaturali o fantastici o sentimentali è il suo ideale. E il suo Eroe è il domatore dell’uomo e della natura, colui che comprende e regola le forze naturali e umane e le fa suoi istrumenti. Lo scopo può essere lodevole o biasimevole; e se è degno di biasimo, è lui il primo ad alzare la voce e protestare in nome del genere umano. Veggasi il capitolo X, una delle proteste più eloquenti che sieno uscite da un gran cuore. Ma, posto lo scopo, la sua ammirazione è senza misura per colui che ha voluto e saputo conseguirlo. La responsabilità morale è nello scopo, non è ne’ mezzi. Quanto ai mezzi la responsabilità è nel non sapere o nel non volere, nell’ignoranza o nella fiacchezza. Ammette il terribile; non ammette l’odioso o lo spregevole. L’odioso è il male fatto per libidine o per passione e per fanatismo, senza scopo. Lo spregevole è la debolezza della tempra che non ti fa andare là dove l’intelletto ti dice che pur bisogna andare.

Quando Machiavelli scrivea queste cose, l’Italia si trastullava ne’ romanzi e nelle novelle, con lo straniero a casa. Era il popolo meno serio del mondo e meno disciplinato. La tempra era rotta. Tutti volevano cacciar