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ciò coloro che dall’onore sono mossi ad atti crudeli, anch’essi degni di stima, vittime anch’essi. Così esalta Gerbino che volle romper la fede data dal re, suo zio, anzi che mancare alle leggi dell’amore ed esser tenuto vile; ma non biasima il re che lo fece uccidere, volendo anzi senza nipote rimanere, ch’essere tenuto re senza fede. Ne nasce in mezzo all’agitazione dei fatti esteriori una calma interna, una specie di equilibrio, dove l’emozione non penetra se non quanto è necessario a ravvivare e variare l’esistenza. Perciò in questo mondo borghese e indifferente e naturale la tragedia rimane esteriore e superficiale, naufragata qui come un frammento galleggiante nella vastità delle onde. Il movimento non ha radice nella coscienza, nelle forti convinzioni e passioni stimolate dal contrasto, ma si scioglie in un giuoco di immaginazione, in una contemplazione artistica de’ varii casi della vita, che sorprendano e attirino la tua attenzione. Per dirla con un solo vocabolo comprensivo, virtù e vizi qui non hanno altro significato che di avventure, ovvero casi straordinarii tirati in iscena dal capriccio del caso. Gli uditori non vi prendono altro interesse che di trovarvi materia a passare il tempo con piacere; e del loro piacere è mezzana la stessa virtù e lo stesso dolore.

Un mondo, il cui Dio è il caso, e il cui principio direttivo è la natura, non è solo spensierato e allegro, ma è anche comico. Già quel non prendere in nessuna serietà gli avvenimenti e farne un giuoco di pura immaginazione, quell’intreccio capriccioso de’ casi, quell’equilibrio interno che si mantiene sereno tra le più crudeli vicissitudini, sono il terreno naturale su cui germina il comico. Un’allegrezza vuota d’intenzione e di significato è cosa insipida, è appunto quel riso che abbonda nella bocca degli stolti. Perchè il riso abbia malizia o intelligenza, dee avere una intenzione e un significato, dee

De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. I 22