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attiva e personale, l’uomo si sente generalizzare, si sente più come genere che come individuo. Spettatore più che attore, la vita si manifesta in lui non come azione, ma come contemplazione artistica, filosofica, religiosa. In quella calma delle passioni e de’ sensi era posto l’ideale antico del Savio, l’ideale nuovo del Santo, fuso insieme in quel Catone, che Dante chiama nel Convito anima nobilissima e la più perfetta immagine di Dio in terra. Catone è il savio antico, pinto come i filosofi, con quella sua lunga barba, in quella calma e gravità della sua decorosa vecchiezza:

Degno di tanta riverenza in vista,
Che più non dee a padre alcun figliuolo.

Ma è qualcosa di più; è il savio battezzato e santificato, con la fronte radiante, illuminata dalla grazia, sì che pare un sole. Virgilio non comprende questo savio cristianizzato, e parla al Catone di sua conoscenza, ricordando la sua virtù, la sua morte per la libertà, la sua Marzia. E il nuovo Catone risponde: Marzia, che piacque tanto agli occhi miei, non mi move più; ma se donna del cielo ti guida, non ci è mestier lusinga:

Bastiti ben che per lei mi richiegge.

Che cosa è il Purgatorio? È il mondo dove questo doppio ideale è realizzato, il mondo di Catone o della libertà, dove lo spirito si sviluppa dalla carne e cerca la sua libertà:

Libertà va cercando ch’è sì cara,
Come sa chi per lei vita rifiuta.

Altro concetto, altra natura, altro uomo, altra forma, altro stile. Non è più l’Iliade, è l’Odissea, è un nuovo poema. Paragonare inferno e purgatorio, e maravigliarsi che qui non sieno le bellezze ammirate colà gli è come