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l’arti e l’eloquenza37. Intorno a’ viaggi di Cicerone una bella Dissertazione abbiamo di Gian Giorgio Walchio stampata ne’ suoi Parerghi Accademici in Lipsia l’anno 1721, e intitolata: Diatriba de amœnitatibus historicis ex Ciceronis peregrinatione collectis. Né questo indefesso studio fu della sola età giovanile. Uom già maturo, e avvolto ne’ più gravi affari della Repubblica, qualunque ora ei potesse trovare di riposo e di ozio era consecrata agli studj. Subcisiva, dice egli stesso38 , quædam tempora incurrunt, quæ ego perire non patior; ut si qui dies ad rusticandum dati sunt, ad eorum numerum accommodentur, quæ scribimus. Quando avremo a parlare delle Biblioteche di Roma, vedremo quanto gli fosse cara la sua. Ma senza ciò le tante e sì varie e sì eleganti opere, che di lui abbiamo, oltre tante altre in numero forse ancora maggiore, che son perite, ci fanno conoscere, qual egli avesse ardore e avidità per lo studio. Un uom privato, che tanti libri avesse scritti, quanti Cicerone, sarebbe oggetto di maraviglia. Or che diremo noi di un uomo, il quale non vi era causa di qualche momento, ch’ei non fosse pregato e costretto quasi a trattare, non pubblico affare, a cui non avesse parte, che tutte sostenne le più onorevoli e più gravose cariche della Repubblica, che trovossi in circostanze di tempi difficili sopra modo e pericolosi, ch’era in continuo commercio di lettere non solo con moltissimi de’ suoi amici, ma co’ più ragguardevoli personaggi del suo secolo, ch’ebbe ancor la sventura di dover cedere per alcun tempo all’invidia de’ suoi nemici, e allontanarsi da Roma?

XII. Un sì continuo e sì sollecito studio congiunto a un vivace, penetrante, fecondissimo ingegno, non è maraviglia, che formasse in Cicerone l’oratore il più perfetto forse, che mai sorgesse. A giudicar dell’eloquenza di Cicerone io non voglio, che ad esame si chiamino le sue Orazioni. Benché agli uomini di miglior senno sian sempre parute di una forza e di un’arte maravigliosa, come però diversi sono i gusti degli uomini, ciò che avviene nelle cose, di cui son giudici i sensi, accade ancora in quelle, di cui decide lo spirito e l’ingegno; cioè che una tal cosa,