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Circolazione monetaria in Italia nord-occidentale: secoli XI-XII 7

nale, vasta area nella quale la documentazione che qui interessa è assente per tutto il periodo prescelto1; del Vercellese, per il quale essa inizia solo negli anni finali dell’XI secolo, e del vicino Monferrato, l’area collinare posta sul l’altra riva del Po, per il quale le carte della canonica di Sant’Evasio di Casale (oggi Casale Monferrato) restituiscono una situazione sotto questo riguardo del tutto simile2.

Un quadro completo dei caratteri della tradizione documentaria subalpina, pur limitato al periodo e alle aree prescelte, è fuori dalla portata di questo contributo. D’altra parte alcuni aspetti strutturali di tale tradizione si possono ricavare dalle pagine che seguono. Qui sarà utile piuttosto tentare di trarre subito alcune conseguenze da quanto sin’ora detto: il corpus delle fonti studiate in questa ricerca è costituito, come si accennava, dalla documentazione di acquisizioni onerose di beni immobili e dalle carte che attestano il diritto a ricevere (o il dovere di pagare, come nel caso delle clausole penali) prestazioni future in denaro. Carte di quest’ultimo tipo costituiscono, almeno in certi periodi, un genere tipico di produzione documentaria ecclesiastica: per restare a ciò che costituisce oggetto di questo studio, un gruppo significativo di concessioni di terre in censo lo si ha soltanto per Torino e il suo territorio, con l’importante serie di documenti del monastero di San Solutore e con la serie più limitata numericamente, ma interessante, di carte della chiesa urbana di San Benedetto. Documenti consimili sotto il profilo tipologico restituiscono gli archivi delle chiese urbane e rurali del novarese, sia pure in numero limitato; qualche carta dello stesso genere hanno conservato la cattedrale di Santa Maria e il monastero di Santo Stefano di Ivrea. Fatta eccezione per qualche pezzo sparso, non si ha nulla di paragonabile per altri enti religiosi dell’area subalpina, e ciò naturalmente condiziona i risultati della ricerca. Per ciò che riguarda invece i trasferimenti onerosi di immobili il discorso è ancora diverso. Nel periodo considerato gli enti religiosi, come è persino troppo noto, hanno raramente acquisito beni fondiari a titolo oneroso; più spesso li hanno alienati in modo mascherato, concedendoli a lungo termine o anche in perpetuo per censi tenui, ma facendo pagare un’entratura che non sempre è documentata. Eppure i loro archivi non sono in genere privi di carte di vendita, anzi

  1. Fa eccezione una vendita del 1018, di tradizione peraltro assai incerta, sulla quale si veda P. Guglielmotti, I signori di Morozzo nei secoli X-XIV. Un percorso politico del piemonte meridionale, Torino 1990 (BSS, 206), pp. 36, 39 sgg.
  2. Si è scelto deliberatamente di escludere dalla ricerca Tortona e Voghera, entrambe saldamente comprese nell’area monetaria pavese. Per quanto riguarda la superstite documentazione tortonese, che non reca indicazioni di origine della moneta prima del 1114, si vedano BSSS 29, pp. 44 sgg., docc. 31, 34, 38, 44, 46, 48, 49; BSSS 31, pp. 5 sgg., docc. 2, 62, 63; BSSS 47, pp. 78 sgg., docc. 48, 50. Pur essendo indubitabile che all’interno del territorio vogherese la moneta pavese circolò in assenza di concorrenze significative, occorre notare che le diverse raccolte di documenti relativi a Voghera pubblicate dagli editori della Biblioteca della Società storica subalpina sono costituite quasi esclusivamente di documenti prodotti per enti o persone esterne a Voghera (nella grande maggioranza dei casi si tratta di enti e persone pavesi) che per qualche particolare, spesso la posizione del bene fondiario oggetto del negozio, si riferiscono a Voghera: si vedano BSSS 46 e BSSS 47.

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>