Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 II.pdf/92

88 LIBRO SETTIMO — 1810.

prestazioni. Fra gli uni diritti e gli altri, su le persone e su le cose, l’onoratissimo magistrato Davide Winspeare, in un’opera meritamente laudata, ne enumera 1395 esistenti all’arrivo di Giuseppe nel 1806.

Oltracciò i baroni impedivano o restringevano a’ cittadini gli usi sopra le terre feudali che avevano uso comune; e con eccesso esercitavano le ragioni di cittadino su le terre della comunità. I costumi, la filosofia, il secolo avendo migliorato l’indole de’ feudatarii, tutte le violenze dell’antica feudalità erano per buon volere scomparse; ma ciò che produceva entrata, qualunque ne fosse la natura, si vedeva da quei signori desiderato e difeso: rinunziavano la potenza, nevolevano il frutto.

XXXVIII. Questi che ho descritti abbondanti resti di feudalità furono aboliti da leggi di Giuseppe; ma quel re, non misurando il peso e la mole degl’interessi che le sue leggi commovevano, prescrisse che le contese, surte in gran numero, andassero a’ tribunali ordinarii e a’ consigli d’intendenza con le comuni regole di procedimento, sì che gli anni e forse i secoli non sarieno bastanti alle liti; e per il vario ingegno de’ giudici, qua favorite le comunità, là i baroni, l’abolizione difforme, si sperdeva il maggiore benefizio politico di quell’opera, il celere ed ugual passaggio de’ possidenti, da’ pochi a’ molti: serbando le principali regole della universale giustizia, poichè le circostanze impedivano la matura tardità di codici. Visto l’errore, s’immaginò e compose un magistrato supremo inappellabile detto Commissione feudale; ma lasciata di solo nome sino a’ tempi del re Gioacchino che li diede il carico vero delle somme cose della feudalità, tal ch’ella decideva di ogni lite; da lei proposte, si facevano le nuove leggi; per lei erano gl’impedimenti agevolati, i dubbii sciolti. Mezzi alla commissione per giungere al proponimento furono: 1°. riconoscere i terreni di natura feudale; 2°. in quei terreni determinare le ragioni e gli usi della comunità; 3°. di ogni ragione, di ogni uso, estimare il valore in terre, così che apparisse ciò che spettava alla comunità, ciò che al barone; 4°. la rata della comunità confinaria inamovibilmente in presenza dei cittadini, assistendo, se volevano, i ministri del barone; 5°. quelle terre comuni, dividerle fra cittadini.

Stavano dunque dall’una parte gl’interessi di tutti i baroni, e del re chper alcuni privati dominii aveva le qualità baronali, e del fisco regio e della chiesa; stavano per l’altra parte i cittadini pur ora vassalli e tuttavia soggetti. E frattanto molte terre sino allora di pieno dominio baronale furono dichiarate delle comunità, o di uso pubblico; la valutazione di ogni diritto fu a maggior pro de’ comuni; la divisione tra comunità e baroni, o re o fisco o chiesa fu sempre a