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36 LIBRO SESTO — 1807.

strati come tra comizii. Sperava l’amor de’ sudditi, che non ottenne; avvegnachè la popolarità e la clemenza sono pompe de’ re, e solamente la giustizia e il contegno sono istromenti d’impero.

XXXVII. Si fece lunga legge per le cerimonie pubbliche, altra per quelle di corte, uniformi alle leggi di Francia dettate da Bonaparte, che al fasto degli antichi re francesi aggiungeva l’alterezza dell’indole propria, e la superbia de’ campi: modi sconvenienti a re nuovi, nati nel popolo, dal popolo innalzati, ed aventi con esso interessi e fato comune. Il lungo esercizio delle monarchie europee, la pazienza de’ soggetti ridotta in costume, la corruttela de’ tempi, il bisogno di riformare le società, facevano e fanno necessario l’uffizio de’ re. Ma si voleva a re nuovi potenza regia, modestia di cittadino, mancando ad essi il prestigio degli antichi. E però la vecchia monarchia esser poteva una dignità, la monarchia nuova non doveva essere che magistratura: quella procedendo da nascita, indi da caso e fortuna, questa da scelta o conquista, indi da merito o da virtù; e l’una sostenendosi per fasto, nomi e vana superba aristocrazia, e l’altra per forza, popolo ed aristocrazia si ma sociale e chiara di opere e di servigi. I re nuovi potevano migliorare gli antichi re, ammodernandoli con l’esempio de’ successi e della ragione; ma ne furono corrotti con l’esempio del fasto e del comando, così che da proprio fallo i nuovi caddero, gli antichi vacillano; e l’autorità regia e la ragione de’ popoli combattono, a modo di fazioni, con le armi usate delle ribellioni e della tirannide. Vi ha nella natura delle presenti società, e per fino nel genio del secolo un’arte che giovi a’ popoli, un’altra che giovi a’ re; chi prima la scuopre e l’adopera avrà vittoria sull’altro. E qui mi arresto perchè lo sdegno de’ tempi tronca il mio stile.

XXXVIII. Altra legge compose lo stemma reale che nel mezzo dello scudo aveva l’arme imperiale francese, intorno a questa le insegne delle quattordici province del regno, ed una, in maggior campo, della Sicilia; la collana della Legione di Onore di Francia contornava lo scudo sostenuto da due sirene; il manto normanno per foggia e colori sosteneva in cima la corona regia; ciò che più risplendeva, non era delle Sicilie, ma di Francia. Se per emblemi si rappresentavano i nuovi codici, l’ordinata finanza, la migliorata amministrazione, l’abolita feudalità, i disfatti conventi, l’accresciuta civiltà, la collana di quei segni era conveniente a principi nuovi; ma costoro ch’esser potevano del piccolo eroico numero degli ordinatori e riformatori degli stati, preferirono di confondersi nella moltitudine de’ vecchi re, benchè vi fossero male accolti, abbietti, ultimi e traditi. Il quel tempo furono coniate monete d’oro e di argento con la effigie e ’l nome di Giuseppe re delie due Sicilie, mentre Ferdinando IV con lo stesso titolo, nell’anno istesso, faceva