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26 LIBRO SESTO — 1806.


Così riordinata la finanza pubblica, ogni rendita si trovò toccata da tributo, ogni peso egualmente distribuito, ogni ramo di finanza amministrato, ogni amministrazione soggetta a pubblico sindacato, l’erario dello stato rappresentato per numeri nel tesoro, serbato in danari nel banco, la finanza di Napoli in un sol libro, in un solo erario racchiusa. Semplicità maravigliosa e durabile.

XXV. La feudalità traendo origine da conquista, monarchia, civiltà mezzana de’ popoli, ed indole superba della umana specie, surse e crebbe nelle due Sicilie come nel resto del mondo. Fu potente a’ tempi de’ Lombardi e de’ Normanni, abbassata dagli Svevi, rialzata dagli Angioini, sostenuta (perfino nelle guerre baronali) dagli Aragonesi, e per sordida avarizia nel lungo tempo del viceregno. Carlo incivilì i baroni, surrogando gli onori ed il fasto di corte alla potenza feudale; progredì la civiltà sotto Ferdinando i diritti ingiuriosi alla umanità disusarono per costumi più che per leggi. Ma le industrie privative, i tributi feudali sulle terre e le case, i fondi promiscui, non poca parte di giurisdizione, altre servitù e sofferenze del popolo si sostenevano.

Questo largo residuo di feudalità distruggendosi per legge del 1806, ritornò intera la giurisdizione alla sovranità, e ne fu dichiarata inseparabile; tutte le gravezze, tutte le proibizioni feudali furono rivocate; reso libero l’uso de fiumi, disciolta la mescolanza delle proprietà, le servitù abolite; la nobiltà conservata ne’ titoli, distrutta ne’ privilegi, surrogati i nomi al potere. Ma per allora quei benefizii erano precetti non cose; chè la feudalità, benchè scossa ed invecchiata, non cadeva alle prime spinte, ed altre ne abbisognarono forti e molte sotto il regno del successore, sì che a dir vero Giuseppe ebbe il merito della intrapresa, Gioacchino dell’opera.

Per altra legge, abolite le sostituzioni fedecommessarie, gli attuali godenti divennero franchi padroni delle già vincolate proprietà; i vitalizii (assegnamenti a vita) si convertirono in beni liberi; tutti i legami del possedere si sciolsero; grande quantità di terre tornarono commerciabili. La legge del re Ferdinando dell’anno 1801 prescrivente che la dote delle donne patrizie (qualunque fosse la ricchezza della famiglia) non superasse i ducati quindicimila, oltraggio ed ingiustizia al sesso ed alla natura, favore a’ primi nati, tralcio di feudalità, fu abolita per altra legge di Giuseppe del 1806. Le quali riforme per i fedecommessi, le doti, la feudalità, utili certamente all’universale de cittadini, dannose a’ feudatarii ed a’ nobili, erano esaminate ed assentite nel consiglio di stato da consiglieri nobili per la maggior parte e baroni. Laude ad essi ed argomento a mondo della napoletana civiltà.

XXVI. Il convento della Incoronata in provincia di Avellino, in