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144 LIBRO SETTIMO — 1815.

sonando a raccolta, imprese a ritirarsi; i battaglioni Napoletani restati lungo tempo a difesa su la sponda del fiume, e ‘l generale Carascosa con altri pochi, ritornati con più vigore ad offendere, uccisero al nemico molti uomini, molti presero; impedirono al generale tedesco Stefanini, già ferito, di unirsi co’ suoi battaglioni al grosso dell’esercito, e ‘l prendevano se avessero avuti cavalli meno stanchi o più giorno a combattere. I Tedeschi, fuggendo, traversarono Modena; i Napoletani vi entrarono e ristettero. In quella battaglia lenta, male ordinata, il nemico perdè mille soldati morti o feriti o prigioni; noi settecento: reggeva i Tedeschi il general Bianchi; i Napoletani, il re. Del generale Filangieri il dubbio di morte ed il non più combattere in quella guerra furono all’esercito napoletano cordoglio e danno.

LXXXI. Nello stesso giorno e ne’ due seguenti, la seconda legione napoletana prese Ferrara, mille Tedeschi che presidiavano la città ripararono nella cittadella; la terza guernì Cento e San Giovanni; la prima occupò senza contrasto Reggio, Carpi e tutto il paese tra il Panaro e la Secchia. A’ di 7, appena chiaro il giorno, la legione seconda investì il ponte di Occhiobello, forte per munimenti e soldati; riuscì vano l’assalto, nè dal combattere di un giorno derivò benefizio a’ Napoletani fuorchè spingere il nemico nella testadiponte. Al dì vegnente fu visto che bisognavano per espugnarla le artiglierie di maggior calibro, non bastando quelle di campo; ma l’indole impetuosa del re ed il bisogno di sollecite vittorie non sofferendo ritardi, e sperando che il nemico mal difendesse quel posto, sei volte la legione assaltò, ed altrettante respinta, perdè non pochi soldati, molti uffiziali furon feriti, il re sempre esposto a’ pericoli; e la fama andò per la Italia divolgando ed amplificando, col nessuno successo, i danni e i rischi di que’ due giorni. La legione accampò dove aveva combattuto, aspettando le più grosse artiglierie, il re tornò a Bologna per gravi cure di guerra e di governo.

LXXXII. Ivi alfin seppe i casi delle due legioni della Guardia mandate in Toscana sotto i generali Pignatelli-Strongoli e Livron, pari di grado, pari di autorità, senza che l’uno avesse impero su l’altro, tal che operarono per accordi non per comando, bizzarra e nuova composizione di esercito. Giunsero quelle schiere (seimila tra fanti e cavalieri) nei dì 7 ed 8 di aprile in Firenze, avendo per fallato cammino perduto un giorno, ritardo grave nelle sollecitudini di quella guerra. Dovevano traversare la Toscana, e con la presenza e i discorsi sommoverla a pro nostro, impegnare le sue milizie ad unirsi a noi per la causa d’Italia, combattere e vincere pochi Tedeschi retti dal general Nugent, e così accresciute di grido e di soldati recarsi per Pistoja e Modena. All’entrare in Firenze de’ primi squadroni napoletani, il gran duca Ferdinando III si riparò a Pisa, ed