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8 LIBRO SESTO — 1806.

vergognando, nascondevano il pianto e non osarono vestirsi a bruno. I cieli han messo sulla terra due giudici presenti delle umane azioni, la coscienza e la istoria.

IX. Il dì 15 dello stesso febbrajo, entrato in Napoli Giuseppe Bonaparte ebbe pubblica riverenza, quale convenivasi a luogotenente di monarca potentissimo ed a principe che la fama divolgava re di quel regno. Ed oltre all’obbedienza ed alle officiosità di magistrati, prescritte dalla reggenza, egli ottenne dal popolo accoglienze grandi e volontarie, che derivavano non da gratitudine perchè lui nuovo, nè da speranze perchè conquistatore, ma dagl’incanti della fortuna e della potenza. Andò ad abitare la reggia, tutto re fuorchè del nome, chiamandosi negli editti principe francese, grande elettore dell’impero, luogotenente dell’imperatore, comandante in capo l’armata di Napoli.

Primo editto fu il proclama dell’imperatore Bonaparte, che dal campo di Schonbrunn, altiero per vittoria, caldo di vendetta, diceva: «Soldati. In dieci anni io tutto ho fatto per serbare il re di Napoli, egli tutto ha fatto per perdersi.

Dopo le battaglie di Dego, di Mondovi, di Lodi, egli non poteva oppormi che debolissima resistenza: io confidando nelle suo promesse gli fui generoso.

La seconda confederazione contro la Francia fu rotta in Marengo; il re di Napoli, che prima avea mossa quella ingiusta guerra, rimasto senza alleati e senza difese, abbandonato ne’ trattati di Luneville, mi si raccomandò benchè nemico, ed io gli perdonai la seconda volta.

Son pochi mesi appena, stando voi alle porte di Napoli, io che sospettava nuovi tradimenti di quella corte, potea prevenirli vendicando gli antichi; ma fui generoso, riconobbi la neutralità di Napoli; v’imposi di sgomberare quel regno, e per la terza volta la casa de’ Borboni fu confermata sul trono e salvata.

Perdoneremo la quarta volta? Confideremo di nuovo in una corte senza fede, senza onore, senza senno? No, no! La casa di Napoli ha cessato di regnare; la sua esistenza è incompatibile col riposo di Europa e con l’onore della mia corona.

Soldati, marciate, subissate ne’ flutti, se avranno l’animo di attendervi, i deboli battaglioni de’ tiranni de mari. Dimostrate al mondo in qual modo noi puniamo le spergiurate fedi. Affrettatevi ad avvisarmi che tutta Italia è governata da leggi mie o de’ miei collegati; che il paese più bello della terra è alfin libero del giogo impostogli da’ più perfidi degli uomini; che la santità de’ trattati è vendicata, e sono placate le ombre de’ valorosi miei soldati, reduci dall’Egitto, scampati da’ pericoli del mare, de’ deserti, delle battaglie, trucidati empiamente ne’ porti della Sicilia. .