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LIBRO QUARTO — 1799. 247

contrari alle speranze, provvide celeremente si bisogni di guerra; imperciocchè raccolse in legioni le milizie che andavano sparse in più colonne, coscrisse milizie nuove, diede carico al generale Roccaromana di levare un reggimento di cavalleria, ingrossò la schiera dello Schipani, formò due legioni, e le diede al comando de’ generali Spanò e Wirlz; Spanò calabrese, militare in antico, ma pei bassi gradi dell’esercito; Wirtz svizzero, stato colonnello agli stipendii del re, e, lasciato dopo la sua partita sciolto d’impegni e di giuramenti, per amore di libertà arrolatosi alle bandiere della repubblica. Poscia il direttorio fece capo supremo dell’esercito Gabriele Manthonè; lo stesso rappresentante, della repubblica nel primo statuto, e ministro per la guerra nel secondo; del quale avendo detto altrove alcun fatto, ora ne prosieguo la vita. Buono in guerra, di cuor pietoso, eccellente per animo ed arte nei duelli, d’ingegno non basso nè sublime, per natura eloquente. Quando ci propose al consiglio legislativo il decreto che alle madri orbate di figli per la libertà si desse largo stipendio ed onori, conchiudeva il discorso «Cittadini legislatori, io spero che mia madre dimandi l’adempimento del generoso decreto»; Morì per la libertà l’infelice, come dirò a suo luogo, ma senza i premii della legge, e non altro ebbe la madre che pianto.

Altra milizia si formò col nome di legione Calabra, senza uniformità d’armi e di vesti, nè stanze comuni, nè ordini di reggimento; truppe volontarie che ad occasione si univano per combattere solto bandiera nera con lo scritto: «Vincere, vendicarsi, morire.» Erano tre migliaja, Calabresi la maggior parte, avversi per genio al cardinal Ruffo, da lui vinti e fuggitivi, memori di avuti danni e ferite: incitati per tanti stimoli alla vendetta. Dell’esercito repubblicano volendo far mostra, fu schierato in più file nella magnifica strada di Toledo e nella piazza nazionale intorno all’albero della libertà, dove si vedevano giungere tra immenso popolo i membri del governo, i generali, il generale supremo Manthonè, quindi le artiglierie e le bandiere del re tolte nei combattimenti di Castellamare e Salerno, ed un fascio d’immagini della famiglia regale che la intollerante polizia aveva prese in argomento di colpa da certe case della città e nelle province; chiudevano il convojo due file di prigionieri, soldati e partigiani, i quali credendo che per pena ed esempio sarebbero stati in quel giorno e in quel luogo trucidati, andavano mestissimi e tremanti. Ardeva a fianco dell’albero un rogo, dove si divisava di bruciar le bandiere e le immagini.

H generale supremo parlò all’esercito, l’oratore del governo al popolo; e quando s’imponevano alle fiamme le odiate materie, i repubblicani le strapparono a furia di mano agli esecutori, e trascinate per terra e lordate, le ridussero a brani e dispersero. Poscia il